É la
dichiarazione di Hans Küng, uno dei maggiori teologi viventi dell’ultimo
cinquantennio. Nato nel 1928, vive in Svizzera a Lucerna. Sull’argomento in questione
non ha molta importanza che egli sia stato esonerato dall’insegnamento nelle cattedre
cattoliche per le sue idee, che pure hanno fatto da supporto all’impianto del
Concilio Ecumenico 1962-65. Perché di fronte alla tua morte a come la senti e
la vivi non ti sono di sostegno i tuoi ammiratori e fans né di ostacolo i tuoi
detrattori e avversari. Sei solo, tu, la tua coscienza e Dio, nel caso abbia
vissuto con lui un rapporto costante.
Fra le sue
innumerevoli pubblicazioni l’ultima risale all’ottobre 2014 dal titolo ”Morire
felici?”. Egli non parte a descrivere la morte in sé, o quella degli altri, dal
testamento biologico o dall’eutanasia come realtà a me estranea, ma come
esperienza personale, che vive con me, e mi accompagna sino all’ultimo passo. A
leggerlo ti fa invidia, in quanto per la maggioranza di noi la morte non ci appartiene,
è un tabù. Invece H. Küng afferma: ”resto
cristiano anche se scelgo come morire”.
Egli continua con coerenza sino alla fine a
professare la prima delle quattro norme immutabili dell’etica mondiale, analizzate
in un altro suo libro, quella sul dovere di una cultura del rispetto per ogni
vita, proclamata dal Parlamento delle religioni mondiali nel 1993: non
uccidere, o in forma positiva: rispetta ogni vita. Ogni uomo ha il diritto
alla vita, all’integrità fisica e al libero sviluppo della personalità nella
misura in cui non lede i diritti altrui. Nessun uomo ha il diritto di
tormentare fisicamente o psichicamente o di uccidere un suo simile. Tuttavia
proprio perché la persona umana è infinitamente preziosa e va protetta sino
alla fine occorre riflettere attentamente sul significato di queste parole nell’epoca
della medicina tecnologicamente avanzata, in grado di provocare la morte in un modo
per lo più indolore ma in molti casi anche di protrarla in misura
considerevole.
Afferma Küng: “L’idea di concludere la mia vita in pace
ed in armonia trae ispirazione dalla Bibbia. Come cristiano e come cattolico per
me è determinante la Bibbia, mentre la chiesa dovrebbe avere il massimo
rispetto di non entrare in merito e condannare come suicido o escludere dai
funerali religiosi chi compie questa scelta. La vita è sacra, ma anche la qualità
della vita lo è, e molto più sacra ancora è la modalità di morire.”
L’ars moriendi,
l’arte del morire è un argomento che affascina questo teologo fin dagli anni 50
quando suo fratello Georg soffrì per mesi di
tumore inguaribile al cervello. Si è imposto ancor di più alla sua
attenzione da quando a partire dal 2005 un suo caro collega e amico ha iniziato
non ostante le migliori cure a vegetare nella nebbia della demenza fino a spegnersi
nel 2013. Queste esperienze hanno rafforzato le sua convinzione: ”non voglio morire così”. Nello stesso
tempo tuttavia gli hanno dimostrato quanto sia difficile cogliere il momento
giusto per una morte affidata alle proprie responsabilità.
Scrive: ”l’intenzione di non protrarre a tempo
indeterminato la mia esistenza terrena è un caposaldo della mia arte di vivere e
parte integrante della mia fede nella vita eterna. Quando arriva il momento,
qualora ne sia ancora in grado di scegliere con la mia responsabilità, difendo
il diritto a quando e a come morire. Se mi venisse concesso vorrei spegnermi in
modo consapevole e dire addio ai miei cari con dignità”.
Il che non
significa morire senza malinconia e senza dolore bensì andarsene consapevolmente
accompagnati da una profonda soddisfazione e dalla pace interiore. Del resto è
questo il significato della parola eu-thanasia, entrata in molte lingue
moderne, ma storpiate vergognosamente dai nazisti in morte felice, buona, giusta,
lieve, bella. Questa eutanasia non ha nulla a vedere con l’auto assassinio
arbitrario pianificato per provocare l’autorità ecclesiastica, come lo accusano
alcuni sui media e con lettere personali. Evidentemente alcuni suoi
rappresentanti non hanno ancora capito che anche la nostra visione dell’inizio-fine
vita si trova al centro di un paradigma epocale, che non si può penetrare e dominare
con l’immaginario e la terminologia della teologia medievale. Oggi è necessario
prendere in considerazione il notevole prolungamento della vita consentito dal
progresso prima impensabile della medicina moderna, ma bisogna tenere conto anche
delle idee successive che sottolineano i limiti di una medicina basata su
argomenti e criteri esclusivi delle scienze naturali e della tecnica. E’ aumentata
la percezione della necessità di dare un fondamento etico a una medicina
globale che tuteli l’umanità del paziente. Anche nella chiesa cattolica esiste,
sin dall’insediamento di Papa Francesco, la speranza di una maggiore franchezza
e di un aiuto caritatevole in questioni, come risaputo, assai complesse.
Queste le posizioni
del grande teologo H. Küng nei confronti della morte che si può giudicare
correttamente solo se si conosce il suo interesse costante per gli argomenti
dell’esistenza espressi in una molteplice serie di pubblicazioni che ci
rivelano le sue grandi passioni: la questione di Dio, l’essere cristiani, la
vita eterna, la chiesa, l’ecumenismo, le religioni mondiali, l’etica globale.
Autore: Albino
Michelin
A cura di
ColosseoNews
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