Tuesday, July 16, 2013

Le truppe di occupazione, Italia 2013



L’Italia è un paese che negli anni cinquanta e sessanta ha fatto bene, ma dagli anni settanta ha cominciato a rallentare e adesso sembra essersi bloccato. Ne riprova che le vecchie generazioni devono seguitare a lavorare per i loro figli che non hanno futuro. Circa il 40% dei giovani non trova lavoro. Ogni mese chiudono circa 1000 imprese, soffocate dalle tasse, dalla burocrazia, dalla difficoltà di ottenere crediti e da leggi sul lavoro inadeguate. I giovani più capaci, senza lobby, sono costretti ad abbandonare il paese.

L'Italia è diventata un paese in forte difficoltà nel nuovo mondo globalizzato, non si è saputa rinnovare e modernizzare. Sono state adottate un insieme di politiche che discriminano fortemente i giovani a favore degli anziani. L’Italia è l’unico paese in Europa che dal 1995 ha conseguentemente ridotto il budget per l’istruzione pubblica. Gli insegnanti sono i peggio pagati in Europa. Il merito dei singoli non è riconosciuto, decisivi sono favori e parentele. La regione Sicilia, al limite della bancarotta, ha 200.000 dipendenti. 

Questo, per citare solo alcuni aspetti.  Il paese non riesce più a ripartire, perché appesantito da un debito pubblico di ca. 2000 miliardi di Euro che richiede 80 miliardi l’anno per il pagamento dei soli interessi. Il problema più grave però è che l’Italia è impedita a ripartire dalle truppe di occupazione interne al paese. Su vari fronti si combattono gruppi d’interesse economici e finanziari, associazioni a delinquere di stampo mafioso, corporazioni e sindacati che ottimizzano rendite e privilegi dei loro associati a scapito del resto della società.
Le truppe di occupazione sono infiltrate nei luoghi di potere, nelle istituzioni e nell’economia. Il governo e lo stato operano con vecchie strutture, lente, burocratiche e spesso ingiuste. La classe politica, finanziata con i soldi pubblici, è degna rappresentante delle truppe di occupazione, a parole dice di voler cambiare il sistema, in pratica tutto è affossato e rimandato.
Le truppe di occupazione hanno facile gioco con una gran parte della popolazione che crede alle false promesse e alle menzogne per mancanza di senso civico e per necessità.

Ciò che è necessario è un nuovo sistema politico che abbandoni lo stato paternalistico che distribuisce privilegi e benefici in cambio di voti. Un sistema politico che non sia nello stesso tempo sostenitore e ostaggio di varie fazioni. Un rinnovamento culturale che realizzi una società civile basata sul bene comune e non sull’individualità. Purtroppo di queste cose in Italia non se ne vede traccia!

Il paese sta attraversando la crisi più drammatica dalla fine della guerra, ma gli italiani non si ribellano. Ci si potrebbe chiedere perché? Le ragioni sono in parte storiche, per secoli gli italiani sono stati un popolo subalterno, sotto il dominio di francesi, di spagnoli, di tedeschi e non da ultimo del Papa. Gli italiani si sono sempre sottomessi a queste truppe di occupazione esterne, in pochi si sono ribellati, i più hanno sviluppato la filosofia del tirare a campà. Oggi gli italiani sono una popolazione vecchia con età media sopra i quaranta anni, rassegnata, priva di visioni e di vitalità, illusa che i problemi del paese si risolveranno da soli. Gli italiani non sono liberi, sono prigionieri. Non si può essere liberi quando manca il lavoro o per averlo bisogna perdere la propria dignità. Quando per vivere bisogna accettare ingiustizie e soprusi. Quando si capisce di essere servi di un sistema ma non si riesce o non si può far nulla per cambiare le cose.

Le truppe di occupazione all’insegna dell’arraffare e dell’arricchirsi seguiteranno a spremere gli italiani come limoni fino a quando non ci sarà una crisi economica estrema, quando scoppierà quel pallone d’illusioni, di chiacchiere, di spettacolo e di menzogne con cui si ubriaca la gente. Solo allora, la fame spingerà alla ribellione e alle parole si sostituirà la violenza. Solo allora ci sarà l’occasione di liberarsi dalle oligarchie politiche ed economiche basate sul privilegio e non sul merito. Solo allora, ma questa è una speranza, una mentalità mai libera, chiusa, provinciale basata sulla furbizia, cambierà e capirà che senza bene comune non c’è bene duraturo per nessuno.

Sandro