Monday, April 18, 2011

Vittorio Arrigoni - Il sospetto


Vittorio Arrigoni (Vik) era un italiano di 36 anni arrivato in Palestina a bordo di un battello del movimento “Free Gaza” ad agosto del 2008. Viveva a Gaza da tre anni.

Vik era un pacifista ed un attivista per i diritti umani dell’International Solidarity Movement che aveva partecipato ad azioni e campagne radicali in favore della popolazione della Striscia di Gaza. Vik era un giovane coraggioso che si erigeva a scudo umano dei contadini ed i pescatori palestinesi sui luoghi di lavoro, dove si era soggetti al sopruso dei soldati e dei coloni israeliani e si rischiava la vita.

Vik era uno dei pochi giornalisti presenti a Gaza durante l’operazione “Piombo fuso” in grado di riportare in diretta la guerra, i bombardamenti ed il massacro di 1440 palestinesi, perlopiù civili. Aveva scritto un libro ”Restiamo umani” in cui ha ricostruito dal punto di vista dei pacifisti le «tre settimane di massacro» subite dai palestinesi. Vik curava un Blogger che testimoniava ed informava in diretta la sofferenza di un popolo soggetto ad un regime di Apartheid duro.

Vik era il volto coraggioso ed il rappresentante di tutti coloro che soffrono per l’ingiustizia e condannano il sopruso a cui è assoggettato il popolo palestinese; era il combattente sul campo dell’esercito dei Noam Chomsky, Josè Saramago (premio Nobel per la letteratura), Mairead Maguire (premio Nobel per la pace), Jean Ziegler, Naomi Klein e di tutti quelli che a questo mondo vogliono “Restare umani”.

Purtroppo, il 16 aprile 2011 la notizia di un crimine atroce: “Vittorio Arrigoni, l'attivista filopalestinese italiano rapito ieri mattina nella Striscia di Gaza da un commando salafita ultra estremista ispirato da Al Qaeda, è stato ucciso”.

La battaglia del pacifista Vittorio Arrigoni a Gaza è durata tre anni, il suo coraggio e la sua umanità ci accompagneranno sempre. Assieme al cordoglio ed al dolore per la sua scomparsa, mi viene in mente una frase che voglio dedicargli: “I codardi muoiono più volte nella vita. I coraggiosi non muoiono mai!”

Le spiegazioni sulle cause della morte di Arrigoni non mi convincono. Non mi sembra logico che Arrigoni sia stato rapito ed ucciso proprio a Gaza, dove viveva e s’impegnava nella lotta a fianco del popolo oppresso. Khalil Abu Shamallah, promotore d'una associazione per i diritti umani a Gaza - ha gridato “Vittorio era un fratello era venuto fra noi per rompere l'assedio israeliano, lasciando la sua patria e la famiglia. E qualcuno di noi l'ha ucciso. Perché?”.

Perché? Anche io mi chiedo perché e rifletto sui fatti:
Su un sito d’estrema destra americano, nato per combattere l’“International Solidarity Movement”, Arrigoni era stato indicato come bersaglio numero uno per le forze armate israeliane.
Il corpo senza vita di Arrigoni è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di Hamas, a conclusione di un blitz, diverse ore prima della scadenza dell'ultimatum. Arrigoni sarebbe stato strangolato ore prima dell'intervento e in ogni modo ben prima della scadenza del ricatto. Doveva morire.

Quando viene uccisa una persona, si cerca sempre il movente. In questo caso il movente riportato dai media non convince. Rimane il sospetto; l‘ipotesi più attendibile è che qualcuno il movente l’aveva, voleva eliminare Arrigoni, aveva elaborato un piano preciso ed aspettava solo l’occasione per applicarlo. Quando la situazione politica, e gli eventi a Gaza sono stati propizi ha pilotato il rapimento e l’assassinio di Arrigoni pagando gli esecutori. Un metodo collaudato, impiegato da certi servizi segreti, quando vogliono far tacere qualcuno per sempre.

Restiamo Umani

Sandro

Monday, April 4, 2011

Il compito immane dell'Italia nel 1861


In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, mi sembra doveroso ricordare il compito immane che nel 1861 il Nuovo Stato, il paese e gli italiani erano chiamati ad assolvere.

Il primo parlamento italiano tenne la sua riunione inaugurale il 18 febbraio 1861 a Torino. Con il sostegno di Camillo Benso conte di Cavour, contro le richieste repubblicane di Giuseppe Mazzini, fu imposta la forma monarchica e con essa la casa regnante dei Savoia. Con la proclamazione del Regno d’Italia si concluse il “periodo eroico” del Risorgimento. L’Italia uscita dal congresso di Vienna del 1815, divisa in sette “statarelli”, dopo quasi mezzo secolo di lotte si era trasformata in una nazione unita.

Nel 1861 si era riusciti a riunire il territorio, adesso si trattava di edificare la Patria, la Casa degli italiani. Il paese doveva essere modernizzato e negli italiani doveva nascere l’idea di appartenere a un’unica comunità di liberi ed uguali, affratellati verso un fine comune. Come disse Giuseppe Mazzini: “La Patria non è un territorio; il territorio non ne è che la base. La Patria è l’idea che sorge su quello, è il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio.”

Nel 1861 l’Italia era diventata una Nazione ed il nuovo Stato era chiamato a muoversi su due fronti: Fondare una Patria e Rimodernare il paese.

Fondare una Patria perché alla unità territoriale dell’Italia non corrispondeva un unità spirituale delle genti che l’abitavano. Le varie province non avevano un comune spirito civico, non avevano una comune coscienza nazionale, erano separate non solo da usi e costumi particolari, ma anche soprattutto da un forte divario culturale, economico, finanziario e sociale. Massimo D’Azeglio lanciò un forte appello per realizzare, dopo quella politica, l’unità spirituale e morale del popolo: dopo l’Italia bisognava, insomma, fare gli italiani.

Rimodernare il nuovo Regno. Cavour, di fronte alla complessità dei bisogni e dei problemi da affrontare, si era convinto che “ vincere l’Austria non era stato nulla a confronto delle difficoltà che si dovevano ancora superare”.
Al nuovo Stato mancavano non solo le strutture ma anche i mezzi economici e finanziari.
La soluzione dei molti problemi avrebbe richiesto impegni di decenni e di generazioni. Mancavano strade, ponti, vie ferrate, impianti agricoli, imbrigliamenti dei fiumi, strutture minime per favorire i commerci. Al momento dell’Unità, l’Italia aveva un tasso d’analfabeti del 78% della popolazione, con punte del 90% in alcune regioni meridionali dove venivano superate le stesse percentuali della Russia zarista di allora che era il paese più arretrato. La mancanza di scuole generava carenza di manodopera specializzata, di tecnici per la costruzione di strada e ferrovie, di personale amministrativo, di personale medico capace di curare gli ammalati ed affrontare le ricorrenti epidemie causate dalla deficienza dell’igiene e dalla scarsa alimentazione. Molto diffuse erano la malaria, il tifo ed il colera. Le abitazioni erano malsane e prive dei servizi igienici. Nella maggior parte dei casi erano costituite da un’unica stanza dove vivevano più persone.

L’Italia era diventata una Nazione unita e libera ed aveva di fronte a se un compito immane. Nel 2011 dopo 150 anni, tenendo presente il contesto in cui era iniziata la storia d’Italia e di come si è evoluto il paese fino ai nostri giorni, si prova un senso di rispetto e gratitudine per quanto i nostri padri hanno saputo realizzare. Si sarebbe potuto fare di più e meglio, ma chi ha il diritto di affermarlo!

Il mio parere sui due aspetti del “compito immane” è che quello riguardante il “rimodernamento del paese” ha avuto un buon successo, quello di “fondare una patria” è in pericolo. Purtroppo la Casa degli italiani ancora non c’è, gli italiani non sono arrivati ad essere una comunità di liberi ed uguali, affratellati verso un fine comune. Gli italiani d’oggi sono impegnati in una lotta fratricida che tradisce la loro Patria ed il loro compito storico.

L’evento della celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia deve quindi servire a far ricordare agli italiani che l’Italia è nata affidando loro una missione: quella di Fondare una Patria. Questo sembra essere, data l’attuale situazione, più che mai una missione impossibile, poiché gli Italiani, il concetto di Patria, non l’hanno ancora sviluppato!

Sandro