Monday, November 30, 2020

Addio a DIEGO MARADONA

Nella mitologia greca gli dei più antichi sono i Titani, considerati come le forze primordiali del cosmo, generati da Urano (cielo) e Gea (terra). Prometeo è il Titano che ruba il fuoco agli dei dell’olimpo per darlo agli uomini ed incorre nella punizione di Zeus che lo incatena ad una rupe ai confini del mondo per poi sprofondarlo nel Tartaro, il centro della terra. Prometeo simboleggia la lotta delle libertà contro il potere, ruba gli attributi agli dei (forza, coraggio, bellezza …) per darli agli uomini.

Diego Armando Maradona è stato il Prometeo che ha rubato agli dei qualità soprannaturali, adatte al calcio, le ha personificate ed applicate in modo unico diventando, a detta di molti, il giocatore più forte di tutti i tempi. Ma come Prometeo Diego, l’uomo, ha subito la punizione degli dei che l’hanno fatto sprofondare nell’inferno di quel mondo che lo aveva osannato come un Dio.

Diego Armando Maradona era nato il 30 ottobre 1960 a Buenos Aires nella baraccopoli di Villa Fiorito, fin da piccolo aveva mostrato un grande talento per il pallone, si allenava e diceva che il suo sogno era giocare per l’Argentina ai campionati del mondo per poi vincerli. Molto presto ci si accorse che Diego era un genio del calcio. Nella coscienza collettiva dei tifosi un dio calciatore si era personificato in Diego che prese precocemente a fare miracoli dentro un rettangolo erboso.

Il giornalista Fausto Pellecchia alla domanda: In che senso Maradona era un dio? Risponde: «In omaggio al suo genio … non solo per la genialità dei suoi piedi ma, a ben guardare, anche della sua testa e di tutto il suo corpo. Il genio che abitava in lui, tanto sottile quanto brutale, era in grado di creare attraverso lo sbilanciamento e la sproporzione. Sapeva mantenersi sul filo imprevedibile nella velocità come nella direzione della sua corsa: quando credevi che stesse finalmente per scivolare, con un’improvvisa piroetta, riusciva a capovolgere la situazione andando in gol. Ed anzi faceva le due cose contemporaneamente: mentre cadeva sotto il placcaggio o la spinta di un avversario, nell’attimo di capitolare al suolo cadendo, usava la sua caduta come artifizio per segnare. La caduta non equivaleva per lui alla fine, ma alla prosecuzione del gioco con altri mezzi. Se c’è una lezione che Maradona ci lascia, e che si può scoprire solo osservando i suoi movimenti al rallentatore, è proprio questa: creare è possibile solo se si è in procinto di cadere. Nello squilibrio, si cela la possibilità del nuovo».

Maradona, divino sul campo di calcio è stato anche un eroe epico capace di riscattare l’Argentina. Quattro anni dopo la guerra nelle Malvinas Maradona aveva reclutato anche Dio per regolare i conti con Margaret Thatcher. Ai campionati del mondo del 1986 l’Argentina sconfisse l’Inghilterra ai quarti di finale e Maradona segnò una rete considerata il gol del secolo, tre minuti dopo aver segnato un gol con la mano (noto come „mano de Dios“). Giocando da protagonista Maradona fece vincere all‘Argentina la coppa del mondo FIFA. Per molti argentini quella vittoria fu l'unico vero successo globale negli ultimi cinquant'anni della loro storia fu come vincere una guerra mondiale. 

La redenzione che Maradona ottenne per l'Argentina in Messico nel 1986, la elargisce una seconda volta un anno dopo, stavolta in Italia, quando il Napoli con Maradona, mitica maglia numero 10, vince il suo primo scudetto nel campionato 1986-1987, stagione in cui batté dopo trentadue anni la Juventus al Comunale di Torino. In particolare il suo schierarsi contro i "poteri forti", le sue umili origini, il suo beffarsi degli uomini e delle regole, il suo carattere dionisiaco le sue imprese creò una simbiosi con i napoletani che lo videro come un rappresentante degli "oppressi" del Sud Italia che lottava contro lo "strapotere" delle squadre del Nord. Era anche un riscatto del mezzogiorno d’Italia contro l’oltracotanza del Nord.

Il Dio calciatore si era personificato in Maradona sul campo di calcio, ma fuori di esso il genio l’abbandonava e rimaneva Diego, un uomo buono e fragile, rimasto in un certo senso fanciullo con tutta la sua sregolatezza, inerme di fronte ad un mondo che l’osannava ma nello stesso tempo lo travolgeva. Il declino di Diego dal punto di vista umano è cominciato a Napoli vittima di una popolarità asfissiante, di gente che approfittava di lui, della camorra e dalla dipendenza dalla cocaina, assunta all’inizio per lenire i dolori causati dagli infortuni, ma che col tempo cominciava ad interferire con la sua capacità di giocare a calcio.

Negli anni successivi al suo ritiro come giocatore, avvenuto nel 1997, a causa degli eccessi con alcol, cibo e cocaina la sua salute peggiorò progressivamente, costringendolo a diversi ricoveri ospedalieri, interventi chirurgici, oltre a piani di riabilitazione e disintossicazione tra gli anni duemila e gli anni duemila dieci. Il 25 novembre 2020 in Argentina, Diego Maradona è morto all’età di 60 anni per insufficienza cardiaca acuta.

 Per tutti gli appassionati di calcio a cui Maradona ha regalato gioie immense è una cosa inimmaginabile e se si dovesse spiegare la forza e la profondità del loro dolore si potrebbe dire che, con Maradona, è morto quello che nella mente di molti era un immortale. Diego Maradona rimane nell’immaginario un icona laica vivente, un idolo. Per tutti uno dei più grandi giocatori di calcio di tutti i tempi.

Sandro
30.11.2020


Wednesday, August 5, 2020

INAUGURAZIONE PONTE "GENOVA SAN GIORGIO"

Lunedì 3 agosto è stato inaugurato a Genova il nuovo viadotto autostradale che ha sostituito il Ponte Morandi. Il nuovo ponte, progettato dall’architetto Renzo Piano, si chiama “Genova San Giorgio” ed è stato aperto al traffico il 5 agosto. L’inaugurazione è avvenuta alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del capo del governo Giuseppe Conte, del presidente della regione Giovanni Toti, del sindaco di Genova Marco Bucci e del progettista architetto Renzo Piano.

Per il premier Giuseppe Conte il ponte è “frutto del lavoro e del genio italico”, realizzato nel rispetto delle regole ed a tempo di record. La struttura ha ricevuto la benedizione dell’arcivescovo di Genova, monsignor Marco Tasca, che ha invocato la Madonna della Guardia, il cui santuario domina il ponte, ed a cui il vescovo ha affidato questa nuova struttura.

Anche in vecchio ponte Morandi era il “frutto del lavoro e del genio italico” ed era stato inaugurato nel 1967 dal presidente della repubblica Giuseppe Saragat con la benedizione dell‘allora vescovo di Genova. Purtroppo il 14 agosto del 2018 il ponte è crollato causando la morte di 43 persone. Non è stato un evento imprevedibile e causale bensì il “frutto dell’incuria e della scelleratezza italica”.

La cerimonia d’inaugurazione del nuovo ponte San Giorgio nelle intenzioni degli organizzatori doveva essere sobria, nel rispetto delle persone che avevano perso la vita nel crollo del vecchio ponte Morandi. Lo è stata solo in parte! Non si è riusciti a fare a meno dei rappresentanti della politica, sempre presenti nelle inaugurazioni, ma assenti nei compiti di gestione e di controllo delle infrastrutture del paese e nella tutela della vita dei cittadini. Sempre emozionante il passaggio della Frecce Tricolori, ma se ne poteva fare a meno, più profonde e presenti erano le emozioni che agitavano l’anima ed i sentimenti di tutti quelli che nella tragedia del 14 agosto 2018 avevano perso i loro cari.

A testimonianza un intervista del quotidiano La Nazione

Genitori di una vittima: 'La festa aumenta il nostro dolore' - "Altro che festeggiamenti, altro che orgoglio nazionale. Il nuovo ponte di Genova non è una rinascita, ma il simbolo del fallimento e di 43 vite ingoiate da un ponte fatiscente che qualcuno ha permesso crollasse in qualche modo". Lo hanno detto Franco e Daniela Fanfani, in un'intervista al quotidiano La Nazione: sono i genitori di Alberto Fanfani, medico morto a 32 anni nel crollo del ponte Morandi insieme alla fidanzata Marta Danisi, 29 anni, mentre lui la accompagnava ad Alessandria dove aveva ottenuto in ospedale il posto a tempo indeterminato come infermiera. Le celebrazioni per l'inaugurazione del nuovo ponte 'Genova San Giorgio', ha affermato Franco Fanfani, "è insopportabile per chi come noi ha perso un proprio caro. Serve solo a aumentare il dolore che mia moglie e io portiamo dietro, come tutte le altre famiglie coinvolte. Non è una una rinascita, non c'è niente da celebrare. Altro che sfilate dei politici". Daniela Fanfani ha parlato di "pianto e dolore. Ogni ponte che vedo mi si chiude lo stomaco. Altro che passerelle. I politici e gli amministratori avrebbero dovuto mettersi sotto il ponte, chinare la testa e vergognarsi di ciò che è successo". La madre di Alberto ha ricordato che il figlio "stava accompagnando" la fidanzata "a Alessandria, all'ospedale dove aveva ottenuto il contratto a tempo indeterminato come infermiera. Lui stava per prendere la specializzazione in medicina. 'Potrò fare il medico come sogno da sempre' mi aveva detto con orgoglio. Avevano anche fissato la data delle nozze: 25 maggio 2019. Erano felici. Erano insieme. E insieme sono morti in quel maledetto crollo".

In definitiva sarebbe stato più decoroso non mettere in risalto ancora una volta quella che è stata una vergogna nazionale.

Sandro
05.08.2020

Thursday, June 25, 2020

RESURREZIONE TOLSTOJ

Resurrezione (1899) è l’ultimo romanzo di Lev Tolstoj. L’ultimo e, secondo il parere di molti, il più grande. Sebbene la maggioranza della critica consideri Guerra e pace (1869) ed Anna Karenina (1877) i due massimi capolavori dell’eccezionale scrittore russo, la superiorità di Resurrezione rispetto ad essi risalta già dalle primissime pagine.
L’incipit di Resurrezione è prorompente.

«Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto esalassero fumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, – la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l’erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano i nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole. Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini – i grandi, gli adulti – non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all’amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi l’un l’altro»

L’incipit di Resurrezione è sorprendente perché già nel 1899 Tolstoj mette sotto accusa l’uomo che con il suo comportamento violento e irresponsabile deturpa la terra con la combustione di combustibili fossili e la deforestazione. Un monito inascoltato, ma oggi nel XXI secolo Il cambiamento climatico è una realtà che sta provocando uno sconvolgimento degli ecosistemi e della ricchezza di biodiversità che sostengono la nostra vita.
 
Nell‘incipit di Resurrezione traspare inoltre un sentimento di profondo amore per la natura ed un incondizionato legame con la Terra che ha sempre condizionato l’animo ambientalista del popolo russo. Un tratto che fa di Tolstoj uno dei grandi precursori dell’ecologia.

In Resurrezione sono presenti numerosi accenni al Tolstoismo, la filosofia religiosa concepita dallo scrittore russo. I tolstoiani sono essenzialmente pacifisti e difendono appieno la non-violenza in tutte le circostanze; essi basano la loro condotta sugli insegnamenti morali di Cristo contenuti nel Discorso della Montagna, dunque sulla “non-violenza per contrastare il male” e “l’amore per il prossimo”. Secondo Tolstoj la religione deve tornare ad una dimensione terrena, immediata, permettendo all’uomo di fare il bene in questa vita. Ogni altro accenno a fantasiosi aldilà è deleterio e vano. Influenzato da Tolstoj, anche Gandhi portò avanti questa stessa linea di pensiero lottando in maniera non-violenta per la liberazione dell'India.

Sandro
23 giugno 2020

Sunday, June 7, 2020

SVIZZERA: 50 ANNI DALL'INIZIATIVA SCHWARZENBACH CONTRO L'INFORESTIERIMENTO

L’iniziativa popolare „contro l'inforestierimento“ del 1970, conosciuta anche come „iniziativa Schwarzenbach“, richiedeva come elemento centrale per ogni Cantone la riduzione degli stranieri al 10% dei cittadini svizzeri. Faceva eccezione Ginevra con una quota del 25%.

Secondo i calcoli del Consiglio federale, se l’iniziativa fosse stata accolta dal popolo svizzero e dalla maggioranza dei Cantoni, almeno 310.000 stranieri avrebbero dovuto lasciare la Svizzera entro quattro anni. La quota a carico degli italiani sarebbe stata preponderante.

Votazione
La votazione è considerata una delle più importanti del dopoguerra svizzero. La partecipazione al voto fu molto elevata 74,7% (1.226.658) degli aventi diritto al voto. Il numero dei “SI” notevole 46% (557.517). Il numero dei “NO” (654.884). 15 Cantoni respinsero l’iniziativa, in partico­lare i cantoni Ticino e Neuchâtel (solo 36% e 39% a favore). A favore dell’iniziativa votarono il Cantone di Berna ed i Cantoni di Friburgo, Lucerna, Nidvaldo e Obvaldo, Soletta, Svitto e Uri.
L’iniziativa venne respinta dal 54% dei votanti (allora solo uomini, perché le donne non avevano ancora ottenuto il diritto di voto a livello federale), con uno scarto di meno di 100.000 voti rispetto a quanti l’approvarono.
Nel cantone di Zurigo l'iniziativa fu respinta con una partecipazione al voto dell‘ 80%. La percentuale dei “NO” del 56%, quella dei “SI” del 44%. La maggior parte dei “SI” venne espresso dai lavoratori delle zone industriali. A Winterthur l’iniziativa venne accettata con una percentuale di “SI” del 50.26%.

La reazione degli stranieri
In gran parte degli stranieri l’esito della votazione lasciò molta tristezza per la proporzione elevata dei voti favorevoli. Molti emigrati ricordano ancora come all'interno delle fabbriche l’atmosfera fosse im­provvisamente cambiata: la probabilità che ogni due colleghi di lavoro svizzeri uno avesse votato a favore dell’iniziativa Schwarzenbach e dunque contro gli stranieri era facilmente desumibile dall'esito della votazione.

Italiani di Zurigo
Si riporta il ricordo, lo stato d’animo di alcuni italiani di Zurigo. Prima della votazione, l’insicurezza e l’amarezza per non sentirsi accettati ed apprezzati. Dopo il risultato, la gioia di non dovere essere espulsi e poter rimanere a lavorare in Svizzera.

Antonio D. In quegli anni si percepiva una sensazione di rifiuto da parte della società locale. L'iniziativa Schwar­zenbach del 1970 mi aveva molto preoccupato e rattristato. Il 7 giugno l’iniziativa venne rigettata dal popolo svizzero, ma molti l’approvarono.

Sandro B. Con l’iniziativa, gli immigrati italiani si resero conto di quanta poca considerazione godessero in molti strati della popolazione svizzera. Molti Svizzeri rigettarono l’iniziativa per opportunismo, convenienza e per paura delle conseguenze negative in campo sociale e soprattutto economico.

Laura C. Per me, come per molti altri immigrati, il sogno di avere un buon lavoro e poter vivere in un Paese civile stava per finire, il futuro appariva drammatico.

Giolivo B. Mi ricordo benissimo quei giorni, sia sul posto di lavoro, sia in privato, a contatto con i colleghi e gli amici svizzeri, automaticamente pensavi: voterà PRO oppure CONTRO l‘iniziativa? La situazione per noi emigranti era molto triste. La domenica delle votazioni, io e mia moglie eravamo andati in Germania assieme ad un nostro carissimo amico svizzero. Al ritorno in auto verso Zurigo, la radio svizzera tedesca comunicò i risultati, il nostro amico trovata una piazzola si fermò, ci abbraccio gridando: non dovete lasciare la Svizzera evviva! L'iniziativa Schwarzenbach è fallita.

La vittoria del “NO” permise alla Svizzera di salvare la sua immagine all’estero come Nazione rispettosa dei principi umanitari. Ma all’interno della Svizzera i lavoratori stranieri, per la maggior parte italiani, non avevano una vita facile. La grande emigrazione italiana in Svizzera era iniziata nel secondo dopoguerra ed aveva raggiunto il suo apice nel 1975 con la presenza di 573.085 unità (2/3 della popolazione straniera). Grande è stato il contributo di lavoro degli italiani al progresso economico della Svizzera. Altrettanto grandi sono state le difficoltà e le ingiustizie a cui sono stati sottoposti gli emigrati per decenni (condizioni di lavoro du­rissime, sfruttamento, discriminazione, xenofobia).

Ma il tempo e la storia spesso fanno giustizia, a partire dalla fine degli anni 80, la maggior parte della popolazione svizzera e le autorità cantonali e federali hanno riconosciuto, in pieno, il contributo economico e culturale fornito dalla presenza degli italiani nel loro paese.

Sandro
07.06.2020

Friday, May 1, 2020

DOBBIAMO LIBERARCI

Dalla folle corsa che ci ha intrappolati e dal credere che il
tempo sia solamente denaro; dalla bramosia del superfluo;
dalla tirannide delle cose, che ci allontana dall’uomo;
dall’illusione che il possesso sia sufficiente a renderci felici

dall’indifferenza verso l’albero, il fiore, la lucertola: dall’idea
che la terra madre sia una vacca da mungere fino allo sfinimento;
dalla manipolazione della natura e dall’illusione che il genio,
una volta disturbato, possa restare nella lampada

dall’inflazione indecente dell’Io, dal dimenticare che esiste
anche in Noi, e che senza comunità non c’è società ne‘ nazione;
dalla tentazione di svendere la nostra libertà pur di avere
un’illusione di sicurezza; dall’istinto bestiale di fare giustizia
da se‘

dalla tentazione di essere sudditi e piegare la schiena;
dalla rassegnazione che impedisce la lotta; dalla paura di una
nuova immaginazione del possibile; dal concepire la fine
del mondo piuttosto che la fine dell’economia del consumo
e del saccheggio

dalla Bestia che ci spinge verso il diverso; dalla paura di
rispondere ai violenti con parole dure; dal gridare „assassini“
ai medici per poi esaltarli come eroi; dall’abuso della parola
„guerra“ che ci fa credere che il male sia cosa che riguarda
solo gli altri

dalla tentazione di credere che da soli è meglio e che l’Europa
sia un peso, non uno scudo benedetto; dal disamore per la nostra
patria e dalla fuga in paradisi fiscali; dallo scaricare il nostro
disastro di nuovo sulle spalle delle donne

dalla bestemmia di scomodare Iddio per assolvere e santificare
ruberie;dalla tentazione di usare la croce contro i poveri cristi;
dal credere di non essere tutti sulla stessa barca e dalla
presunzione di non poter mai diventare poveri e migranti

dal tacere la morte, vissuta come indecenza; dallo spregio per
le mani ruvide e il sudore della fronte; dallo snobbare chi in
silenzio garantisce il nostro nutrimento; dalla mancanza di
rispetto verso il pubblico ufficiale, dal maestro allo spazzino

dalla sottomissione al virtuale che occulta la vita e ruba la gioia
del ritrovarsi; dall’impazienza, nemica dell’ascolto e della
tolleranza; dal frastuono che stordisce gli uomini e uccide il
silenzio, che è il padre dell’armonia e della Creazione

dalla rinuncia a dedicare tempo ai nostri figli e a crescerli
con l’esempio, le regole della vita e la buona narrazione;
dall’emarginazione dei vecchi, portatori di memoria; dallo
scandaloso sfruttamento dei giovani e dal disprezzo per chi
li educa

dal rifiuto della nostra fragilità e dei nostri limiti, la cui
accettazione è invece saggezza; dal sottovalutare i piccoli gesti,
che fanno la differenza; dal credere che la felicità sia solo un
diritto, quando il sorriso è un nostro dovere verso il mondo

Preghiera Laica
di PAOLO RUMIZ
25 Aprile 2020

Wednesday, April 8, 2020

IL CORONAVIRUS SALVA LA NOSTRA VERA UMANITÀ

La pandemia di coronavirus ci costringe tutti a pensare: cosa conta davvero la vita o i beni materiali? L'individualismo di ciascuno per se o la solidarietà dell'uno con l'altro?
Possiamo continuare ad appropriarci, senza limiti, dei beni e dei servizi della natura per vivere sempre più sconsideratamente o dobbiamo invece prenderci cura della natura, della nostra Madre Terra e vivere cercando l'armonia del tutto?
Cosa hanno raggiunto quei paesi guerrafondai accumulando sempre più armi di distruzione di massa, al punto da poter distruggere l'intera biosfera e distruggere la Terra, se ora devono cedere a un virus invisibile che può rendere ridicolo tutto questo apparato di morte?
Possiamo continuare con il nostro stile di vita consumistico, distruttivo della natura, che minaccia l'equilibrio della Terra, che produce ricchezza illimitata per pochi privilegiati in un oceano di poveri e miserabili? Ha ancora senso che ogni paese affermi la propria sovranità, non rispettando quella degli altri, quando siamo tutti all'interno dello stesso Titanic che può affondare? Perché non abbiamo scoperto e valorizzato l'unica Casa comune, la Madre Terra e il nostro dovere di prenderci cura di lei in modo che tutti possano coesistere, natura compresa?
Sono domande che non possono essere evitate. Nessuno ha la risposta. Una cosa però è certa: "la visione del mondo che ha creato la crisi non può essere la stessa che ci porterà fuori dalla crisi". Dobbiamo necessariamente cambiare. La cosa peggiore sarebbe se tutto tornasse come prima, con la stessa logica consumistica e speculativa, e forse con ancora più vemenza. Poi, non avendo imparato nulla, arriverebbe un altro virus, forse quello che potrebbe porre fine al progetto umano, fallito.
Ma possiamo guardare alla pandemia del coronavirus che si sta propagando in tutto il pianeta, da un'altra angolazione, quella positiva. Il virus ci fa scoprire la nostra più profonda e autentica natura umana.
Prima di tutto, siamo esseri relazionali. Siamo, come ho ripetuto innumerevoli volte, un nodo di rapporti totali, rivolti in tutte le direzioni. Quindi nessuno è un'isola. Ovunque gettiamo ponti.
In secondo luogo, di conseguenza, dipendiamo tutti l'uno dall'altro. L'etica africana "Ubuntu" esprime bene questo concetto: "Io sono solo io attraverso te". Pertanto, ogni individualismo, l'anima della cultura capitalista, è falso e antiumano. Il coronavirus lo dimostra. La salute di uno dipende dalla salute dell'altro. Questa dipendenza reciproca, consapevolmente assunta, si chiama solidarietà. È stata la solidarietà che ci ha fatto uscire dal mondo degli antropoidi e ci ha permesso di essere umani, di vivere insieme e di aiutarci. In queste settimane abbiamo visto commoventi gesti i di vera solidarietà, molti che aiutano gli altri, da deboli a deboli.
In terzo luogo, abbiamo bisogno di “aver cura”. Senza cura, dalla nascita e per tutta la vita, nessuno sopravvivrebbe. Dobbiamo prenderci cura di tutto: di noi stessi, altrimenti potremmo ammalarci e morire, degli altri che possono salvare me o io posso salvare loro, dalla natura che può rivoltarsi contro di noi con virus deleteri, siccità disastrose, inondazioni devastanti, eventi climatici estremi. Prendersi cura di Madre Terra perché continui a darci tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere e che ancora ci ospita, malgrado che per secoli l'abbiamo aggredita spietatamente. Soprattutto ora, sotto l'attacco del coronavirus, dobbiamo tutti prenderci cura di noi stessi, prenderci cura degli altri più vulnerabili, raccoglierci a casa, mantenere la nostra distanza sociale e occuparci delle infrastrutture sanitarie senza le quali assisteremo a una catastrofe umanitaria di proporzioni bibliche.
In quarto luogo, abbiamo scoperto che dobbiamo essere tutti corresponsabili, cioè essere consapevoli delle conseguenze benefiche o dannose delle nostre azioni. La vita e la morte sono nelle nostre mani, la vita umana, la vita sociale, economica e culturale. La responsabilità non può essere solo dello Stato o di pochi soggetti, ma deve essere di tutti, perché tutti ne sono coinvolti e tutti possono influire. Tutti devono accettare l’isolamento imposto per contrastare la pandemia.
Infine, scopriamo la forza del mondo spirituale che costituisce la nostra anima profonda, là dove si elaborano i grandi sogni, dove vengono poste le domande ultime sul senso della nostra vita e dove sentiamo che deve esserci un'Energia amorevole e potente che pervade tutto, che sostiene il cielo stellato e la nostra stessa vita sulla quale non abbiamo tutto il controllo. Possiamo aprirci ad essa, questa Energia, accoglierla e, come in una scommessa, confidare che sia essa a sostenerci e che, nonostante tutte le contraddizioni, garantisca una buona fine per l'intero universo, per la nostra storia saggia e stolta e per ognuno di noi. Se coltiviamo questo mondo spirituale ci sentiamo più forti, più premurosi, più amorevoli, alla fine, più umani.
Su questi valori ci è concesso di sognare e di costruire un altro tipo di mondo, biocentrico, in cui l'economia, con altre razionalità, sostiene una società globalmente integrata, rafforzata più da alleanze affettive che da patti legali. Sarà la società della cura, della gentilezza e della gioia di vivere.

Autore: Leonardo Boff
Traduzione dal Portoghese in Italiano a cura di ColosseoNews del Post
“O coronavírus resgata a nossa verdadeira humanidade”
31/03/2020

Monday, April 6, 2020

PICCOLO MANIFESTO IN TEMPI DI PANDEMIA (SINTESI)

Il Collettivo Malgré Tout (“Malgrado tutto”), ha proposto un breve Manifesto composto da quattro punti, quattro spunti di riflessione e ipotesi pratiche da condividere con chi fosse interessata/o.
Il testo che segue è una sintesi elaborata da ColosseoNews.

 
1. Negli ultimi quarant'anni almeno, abbiamo assistito al trionfo e al dominio incontrastato del sistema neo-liberista in ogni angolo del pianeta, salvo rarissime eccezioni che sono state però spesso inglobate all’interno del sistema dominante. Tra le diverse tendenze che attraversano questo tipo di sistema, una in particolare sembra costituire la forma mentis dell’epoca. Si tratta, senza dubbio, della tendenza a considerare gli individui come il rumore di fondo del sistema, come ciò che disturba in quanto troppo pensante, desiderante, vivente e quindi sfuggente alle logiche lineari di previsione. L’obiettivo perseguito dalle pratiche e dalle politiche proprie al neo-liberismo consiste nel rendere gli individui indeterminati, manipolabili, materia prima o “capitale umano” utilizzabile a proprio piacimento. Gli individui possono essere spostati senza criterio, devono essere pronti e educati alla flessibilità per potersi adattare alle necessità determinate dalla struttura macro-economica. Nella loro astrazione estrema gli individui diventano, nel caso delle tragedie come quelle che avvengono quotidianamente nel Mediterraneo o nei centri di detenzione libici ed europei, semplici numeri, dal valore indifferente, senza nessuna corporeità e quindi, in fondo, umanità.
Gli effetti catastrofici delle politiche a cui abbiamo assistito è resa manifesta dall’accelerazione estrema, negli ultimi decenni, dell’impatto dell’Antropocene. Abbiamo assistito a una de-regolazione senza precedenti dell’ecosistema, alla manipolazione artificiale di piante, animali e della natura (di cui siamo parte) nel suo insieme. Anche in questo caso, l’idea che ha guidato le pratiche neo-liberali consiste nel pensare che tutto sia possibile, in nome di un maggior profitto o di un più grande benessere per una piccola parte della popolazione. Ecco allora che la pandemia che stiamo vivendo sembra scombussolare lo scenario che si era delineato fin qui. D’un tratto il baricentro si è spostato, ci rendiamo conto che gli individui, finora ridotti a massa manipolabile, sono di ritorno anche se in maniera catastrofica e sotto minaccia. Gli individui fanno parte della realtà e sono diventati addirittura i soggetti principali della situazione e delle politiche attuate: sono essi a essere controllati, regolati ma anche protetti.

2. Dalla gestione della pandemia attuale e dalle reazioni che ha scatenato traiamo una lezione fondamentale. Se, ben prima di questa crisi sanitaria, la percezione di un futuro minaccioso era comune alla maggior parte delle persone, non si trattava mai di una minaccia identificata, quindi reale e immediata. Si trattava di una percezione diffusa e precosciente di una “minaccia” generale, che avrebbe potuto declinarsi in diverse maniere, minaccia nella quale eravamo immersi senza però che tutti riuscissero ad agire collettivamente. L’angoscia che questa percezione diffusa scatenava non esisteva in rapporto a un elemento chiaro e identificato. Se una minaccia risultava invece chiara, cristallizzata e sentita come immediata, lo era soltanto per le persone toccate in prima persona. Si pensi ad esempio alla minaccia per chi vive nei siti contaminati dall’amianto. Si tratta di una minaccia ben reale: a Taranto, in Italia, tra i lavoratori dell’ex Ilva si sono registrati un +500% di tumori rispetto al resto di cittadini della città e almeno 5000 morti causati dall’esposizione all’amianto nel periodo che va dal 1993 al 2015. In casi come questo, è sempre esistita una certa impossibilità, per le persone che vivevano la minaccia immediata e la appercepivano (vedi glossario), di trasmettere quest’esperienza agli altri. Se, infatti, anche chi non vive nelle zone colpite può interessarsi, informarsi ed essere solidale con le persone toccate dalla situazione, è difficile che ci si possa sentire realmente coinvolti, appercepire e vivere la minaccia come immediata. Vi è una grande differenza, infatti, tra essere informati di una situazione e appercepirla realmente. Altri ancora, invece, a queste minacce rispondevano con un menefreghismo celato dietro alla convinzione del “tanto succede solo agli altri”. Non è mai esistita quindi un’appercezione comune della minaccia come invece sembra esistere attualmente.
Oggi stiamo assistendo a un evento epocale e inedito. Per la prima volta, infatti, l’umanità intera produce un’immagine della minaccia (la appercepisce). L’emergenza di questa dimensione di appercezione comune non è dovuta solamente a un carattere intrinseco alla minaccia che stiamo vivendo (ad esempio alla mortalità del virus) ma anche al dispositivo disciplinare messo in atto dai governi di quasi tutto il mondo. Non è quindi la minaccia in sé che produce una dimensione di appercezione comune: tante altre minacce o disastri, come abbiamo spiegato parlando di Taranto, non sono state oggetto di questa dimensione comune. Ciò non significa che quelle altre minacce fossero meno immediate o pericolose, né che non tangessero gran parte del pianeta. Il massacro dell’ecosistema, infatti, nelle sue varie forme, sta distruggendo il vivente (tutto) qui e ora, non domani o dopodomani. La minaccia ecologica, corrispondeva però fino ad oggi a un pericolo non immediatamente appercettibile per la maggior parte delle persone, a qualcosa di cui la nostra coscienza poteva per lo più informarci. È esistita, ovviamente, una minoranza di persone che già appercepivano la minaccia (le vittime di questi disastri, parte della comunità scientifica, una parte importante delle giovani generazioni, figure-simbolo come Greta Thunberg e movimenti della società civile etc.) ma non erano presenti gli altri elementi necessari per far si che la percezione diffusa diventasse appercezione di massa. Come abbiamo anticipato, tra i vari elementi che hanno permesso l’emergenza della dimensione di appercezione comune di una minaccia immediata vi è il dispositivo disciplinare messo in atto dai governi. Se prima la minaccia veniva appercepita soltanto nel momento in cui il proprio corpo ne era affetto (nel caso dell’amianto, dell’inquinamento in alcune zone, delle diossine ecc.) e non esisteva alcuna dimensione appercettiva comune, ora la situazione è completamente diversa: anche se il mio organismo singolo non ne è direttamente affetto, l’esistenza di quella dimensione comune fa sì che ognuno appercepisca la minaccia. E’ quindi la prima volta che tutti quanti, in ogni parte del mondo, sperimentano corporalmente (e non solo coscientemente, basandosi su informazioni) la presenza di una minaccia immediata. La differenza, come abbiamo spiegato, risiede nel fatto che abbiamo a che fare con un disastro visibile per tutti quanti e appercepito da tutti quanti. Si tratta di un evento storico irreversibile che consiste nell’acquisizione per il senso comune della dimensione visibile della minaccia ecologica.

3. Nell’orrore che stiamo vivendo e nella situazione complicata in cui siamo immersi, se facciamo lo sforzo di non rinunciare al pensiero, ci accorgeremo di come esista una sola cosa che possiamo sperimentare positivamente all’interno di questa crisi: la realtà dei legami che ci costituiscono. In maniera paradossale e quasi tragicomica, l’isolamento è stato necessario per spingere le persone a cercare e creare legami.
La nostra vita individuale e singolare è solo un lato della medaglia; l’altro lato è il nostro essere tessuti nella e dalla fragilità dei legami e del comune di cui facciamo parte. Obbligati all’isolamento, ci accorgiamo quindi di appartenere al comune, di essere attraversati da molteplici legami e di non corrispondere in alcun modo al disegno thatcheriano secondo cui “La società non esiste. Tutto ciò che esiste sono degli individui uomini e donne e le loro famiglie”.

4. La finestra che si è aperta, però, non s’affaccia solo su nuove possibilità di agire in maniera positiva. L’esperienza che stiamo vivendo offre al biopotere (vedi glossario) in atto un esempio senza precedenti: assistiamo alla possibilità di disciplinare interi paesi, interi continenti, testimoniando tra l’altro, molto spesso, del desiderio stesso delle persone di farsi disciplinare per sopravvivere alla minaccia immediata. L’esperimento di nuove forme di controllo darà margine al biopotere per ampliare e rafforzare il suo raggio d’azione, anche perché non sarà difficile trovare nuove minacce o nuove emergenze per giustificare le pratiche di controllo sperimentate attualmente. Per la prima volta dopo tantissimo tempo, ci siamo trovati ad affrontare una minaccia chiara, cristallizzata, immediata. Così immediata da permettere al potere di parlare, in maniera furba e villana, di guerra. A ciò vogliamo rispondere che non abbiamo nessun bisogno di guerra, né della mentalità virile e conquistatrice che la dichiara con convinzione, ben espressa dal discorso del Presidente Macron alla nazione (e quel “nous sommes en guerre” ripetuto allo sfinimento). Questa mentalità è parte del problema: il nostro obiettivo non è vincere una guerra ma dirigerci verso un’armonia che comporti un cambiamento nella maniera di abitare il nostro mondo e relazionarsi con le altre specie. Terminata la pandemia, il potere potrà dichiarare di aver vinto la guerra che aveva iniziato. Come dopo ogni guerra, facendo appello alla situazione di emergenza e di crisi che vivremo, esso potrà chiedere un sacrificio in più alle popolazioni. Non è il tempo di pensare, né di protestare e chiedere dei cambiamenti della struttura sociale (dei miglioramenti, ad esempio, dei sistemi di sanità): è il tempo di mettersi al lavoro per rimediare ai danni della crisi e farlo senza aprire bocca. La narrativa che sarà proposta è quella di un semplice intoppo a cui bisognerà rispondere con ancora più veemenza implementando le pratiche neo-liberiste che hanno contribuito, in realtà, a creare la pandemia (e a indebolire le strutture sociali, di cui i sistemi sanitari fanno parte, che in primis devono combatterla). Bisogna infatti ricordarlo: non si tratta di un incidente. La distruzione dei nostri ecosistemi, la promiscuità inedita tra specie animali sia nelle città che negli ambienti naturali (nessuno dubita del fatto che il virus sia stato trasmesso, in ambiente urbano, dagli animali agli umani), la deforestazione, ossia la distruzione di una barriera possibile di contenimento del virus, sono tutti elementi che hanno contribuito in maniera drammatica all’origine e alla propagazione di questa pandemia, e continueranno a farlo in futuro con altre pandemie. Soprattutto se gli (ir)responsabili al governo del pianeta, per lo meno quelli tra loro che sono adepti del neoliberismo, continueranno a pensare in termini di guerra da vincere implementando le pratiche assassine che hanno portato avanti negli ultimi decenni, e rinunciando a trovare un’altra armonia possibile.
Qualunque sarà la reazione dei governi, una cosa è certa: una nuova dimensione è emersa e si è aggiunta al senso comune. Le realtà di cui abbiamo parlato (legate alla distruzione dei nostri ecosistemi o in ogni caso all’interferenza dannosa delle attività umane), il fatto di aver considerato per troppo tempo l’essere umano come il solo soggetto della storia e la natura come suo oggetto separato, da dominare e padroneggiare (secondo la formula cartesiana) sono emerse finalmente come appercepite nella loro pericolosità. La nuova situazione cui partecipiamo ci convoca quindi per renderla irreversibile, per far sì che la crisi non si concluda tra gli applausi di sollievo per aver vinto una “guerra”. Quest’evento storico ci apre la porta per produrre immagini appercettive dei diversi disastri ecologici: sta a noi pensare e agire affinché essa venga imboccata in maniera irreversibile.
Non sappiamo cosa ci riservi il domani e non abbiamo alcuna pretesa di prevederlo. Sappiamo però che le forze reazionarie di tutto il mondo saranno pronte ad approfittarne, come abbiamo pocanzi scritto. Da una parte, alimentando i dispositivi di controllo e di esercizio del biopotere e implementando le politiche neoliberiste; dall’altra, spingendo per un ritorno alla normalità, facendo leva sul desiderio di dimenticare più che su quello di cambiamento. Sta a noi quindi, fin da subito, continuare a pensare a nuovi modi di agire e di vivere nel nostro pianeta, ad altre modalità di sviluppo e crescita possibili e ragionevoli. Lo ripetiamo: non si tratta in alcun modo di aspettare la fine della minaccia per iniziare ad agire né pensare adesso a cosa potremmo fare “dopo la crisi”. Pertanto, nel cuore di una situazione oscura e minacciosa, abbiamo il dovere di assumere la realtà che ci si presenta dinanzi, senza aspettare saggiamente che “prima o poi passi” ma preparando già da ora le condizioni e i legami che ci permettano di resistere all’avanzata del biopotere e del controllo. Questa situazione di crisi non deve condurci a un’ancora maggior delega della nostra responsabilità. Avremo infatti visto come i “grandi di questo mondo” (questi nani morali), parlandoci di guerra, vogliono ancora una volta ridurci a soldati carne da macello. Solo una chiara opposizione al mondo neoliberale della finanza e del puro profitto, solo una rivendicazione degli individui non sottomessi al puro virtuale del mondo algoritmico può essere oggi il nostro obiettivo.

Riferimento: Articolo riportato su Micromega online (1 aprile 2020)
Pour le “Collectif Malgré Tout” France: Miguel Benasayag, Bastien Cany, Angélique Del Rey, Teodoro Cohen. Per il “Collettivo Malgrado Tutto” Italia: Roberta Padovano, Mary Nicotra.

Glossario
Percezione
Atto di prendere coscienza di una realtà che si considera esterna anoi. Processo psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali in forme dotate di significato.

Appercezione
Il termine appercezione sta a indicare una forma particolare di percezione mentale, che si distingue per chiarezza e consapevolezza di sé. Fu introdotto dal filosofo Leibniz per definire la "percezione della percezione", ossia la percezione massima perché situata al più alto livello di autocoscienza. In Kant è nota altrimenti come "Io penso".

Antropocene
L'epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all'aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 nell'atmosfera.

Biopotere
Il biopotere, potere sulla vita, si è sviluppato nei secoli XVII e XVIII in due direzioni principali e complementari: la gestione del corpo umano nella società dell'economia e finanza capitalista, la sua utilitizzazione e il suo controllo.

Wednesday, March 25, 2020

COVID-19 UNA REAZIONE DELLA NOSTRA MADRE TERRA

Dietro la pandemia Covid-19 il teologo brasiliano Leonardo Boff, punto di riferimento della „teologia della liberazione“, intravede la reazione violenta della nostra Madre Terra. Di fronte al dilagare del micidiale Covid-19 L. Boff sul suo blog sostiene la teoria della rappresaglia di Gaia, la terra intesa come un super organismo vivente autoregolante, già proposta dallo scienziato James Lovelock. L'ipotesi Gaia, nella sua formulazione si basa sull'assunto che gli oceani, i mari, l'atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta terra si mantengano in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e all'azione degli organismi viventi, vegetali e animali.

Per L.Boff il Corona Virus, come tutti gli altri virus che hanno afflitto l’umanità, è una reazione della Madre Terra alla politica di sfruttamento indiscriminato di tutte le sue risorse ed al conseguente inquinamento. L. Boff mette sullo stesso piano virus, inondazioni, tifoni, siccità; tutti i danni che l’uomo ha provocato con il suo comportamento violento e irresponsabile.

«Stimo che le attuali malattie come la dengue, la chikungunya, il virus della zica, le sars, l'ebola, il morbillo, l'attuale coronavirus e il degrado generalizzato delle relazioni umane, caratterizzato da una profonda disuguaglianza e ingiustizia sociale e la mancanza di minima solidarietà sono una rappresaglia di Gaia per le offese che infliggiamo continuamente» scrive Boff che aggiunge: «Non è senza ragione che il virus è scoppiato dove c'è più inquinamento. Non direi che è "la vendetta di Gaia", in quanto lei, in quanto Grande Madre, non si vendica, ma ci dà gravi segni di essere malata (tifoni, fondere calotte polari, siccità e inondazioni, ecc.) E al limite, a causa del fatto che non impariamo la lezione, ci rende una rappresaglia come le malattie menzionate. È una reazione all'azione umana violenta».

È incontrovertibile che fattore inquinante del nostro pianeta Terra (dell'intera Gaia) sono le attività e l'ambiente costruito dall'uomo, che anche se non fa parte del sistema, interagisce fortemente con esso modificando i fattori limitanti (temperatura, composti chimici ecc.) ed è anche provato che questo processo degenerativo è avvenuto negli ultimi due secoli in seguito all‘industrializzazione.

La domanda è: può l’uomo essere reso responsabile della piaga del virus come è indubbiamente responsabile del cambiamento climatico? Io direi di no! Ma indirettamente la responsabilità di aver messo tutto il mondo in un così grave pericolo c`è.  Alcune considerazioni 1) L’inquinamento atmosferico ha reso gli uomini più soggetti a malattie respiratorie ed allergie 2) La globalizzazione propaga più velocemente le malattie infettive, che viaggiano in aereo 3) Le megalopoli sono un bacino ideale per la diffusione dei virus 4) Si investono capitali enormi per gli armamenti invece d’investire risorse finanziarie per la salute pubblica. 5) L’uomo occidentale si è illuso di essere al riparo delle calamità e di poter gestire ogni evenienza. 6) Il benessere materiale e la ricchezza hanno fatto perdere di vista il bene primario, la salute.

In Genesi (1,28) è riportato: Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate …». Ci siamo convinti che il mondo è stato creato a nostro uso e consumo, non è proprio così. Ci sono dei limiti allo sfruttamento di questo nostro mondo. Se non l’abbiamo ancora capito andiamo incontro a quanto riportato in Apocalisse (6,7-8) con l’apparizione del quarto cavaliere dell’Apocalisse portatore di epidemie e altro.

Sandro
25.03.2020

Saturday, March 14, 2020

ASSOLUZIONE PER NORBERT VALLEY

Il 12 marzo 2020 il Tribunale di polizia di La Chaux-de-Fonds (NE) ha assolto il Pastore Norbert Valley della chiesa evangelica Freikirke in Le Locle, Cantone di Neuchâtel dall’accusa di aver facilitato il soggiorno illegale di Josef, un richiedente d’asilo di 34 anni del Togo, a cui l‘asilo era stato negato.

Nel 2018 in prima istanza, la Procura del Cantone di Neuchâtel aveva giudicato il pastore Valley colpevole di aver violato la «Legge per gli stranieri e l’integrazione» vigente in Svizzera e l’aveva condannato ad una pena pecuniaria di 1000 Franchi svizzeri ed all’inscrizione nei registri della polizia.

 Il pastore Valley, noto per il suo impegno sociale nel cantone di Neuchâtel, non ha accettato il verdetto ed ha fatto ricorso, affermando che la condanna era in totale conflitto con la sua coscienza e la sua missione pastorale.

Il ricorso del pastore Walley è andato a buon fine. Il giudice ha constatato che tra il 2016 ed il 2017 il pastore Valley si è limitato a prestato aiuto, offrendo ricovero e dei pasti a Josef solo sporadicamente, facendo ricorso alla sola disponibilità della chiesa.

La sentenza di assoluzione è stata accolta da rappresentanti della chiesa e da attivisti per i diritti civili, presenti nella sala del tribunale, con entusiasmo e gioia. A questi sentimenti si associano tutte le persone che cercano di condurre la loro vita all’insegna dell’umanità e della carità.

Il caso di Norbert Valley ha comunque messo in luce la necessità di rivedere l’ordinamento giuridico svizzero a riguardo della «Legge per gli stranieri e l’integrazione» (articolo 116) ritenuta da molti troppo rigida e in contrasto con i principi umanitari che la Svizzera dichiara di voler rappresentare.

Sandro B.
14.03.2020

Saturday, March 7, 2020

VIETATA LA CARITÀ: IL CASO DEL PASTORE NORBERT VALLEY

Domenica 11 febbraio 2018 poco prima delle 11, quando sta per iniziare il culto domenicale nella chiesa evangelica Freikirke in Le Locle, Cantone di Neuchâtel, arriva la polizia, chiede del pastore e lo porta in caserma.
Nel frattempo il pastore Norbert Valley di 64 anni è stato giudicato dalla Procura del Cantone di Neuchâtel, dichiarato colpevole e condannato. La sua colpa: Valley ha facilitato il soggiorno illegale di Josef un richiedente d’asilo del Togo, a cui l‘asilo era stato negato, e gli ha offerto più volte alloggio e pasti. Il verdetto: una pena pecuniaria di 1000 Franchi svizzeri e l’inscrizione nei registri della polizia.

Valley giudica questo verdetto „scandaloso“. Josef si trovava in una situazione molto critica. Dopo il rifiuto della sua richiesta d‘asilo era disperato e non aveva un luogo dove andare. Per Valley non è possibile rifiutare l’aiuto ad un uomo in questo stato e cita le parole di Gesù.
Matteo 25 (35 – 40) «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? Rispondendo, Gesù dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».
Fatto è che davanti a certa giustizia il Vangelo di Matteo non conta nulla. Valley è stato giudicato in base all’articolo 116 della „Legge per gli stranieri e l’integrazione“ (Ausländer- und Integrationsgesetz) vigente in Svizzera. L’articolo si applica anche a chi facilita la permanenza in Svizzera di persone che non ne hanno il diritto (rechtswidrigen Aufenthalt).

Quello di Valley non è l’unico caso. La statistica per il 2018 riporta ca. 600 casi in cui sono coinvolti stranieri residenti in Svizzera che hanno aiutato i loro compatriotti, 300 casi di cittadini svizzeri che hanno agito per motivi puramente umanitari. Solamente in 32 casi si può parlare di trafficanti di esseri umani (Schlepper).
Manon Schick amministratore delegato della sezione svizzera di Amnesty International ha criticato aspramente il verdetto a carico di padre Valley «Persone che danno ascolto al loro cuore ed alla loro umanità vengono trattate alla stregua di trafficanti di esseri umani». Secondo di Amnesty è incomprensibile che un paese umanitario come la Svizzera applichi delle leggi così severe contro persone che agiscono secondo coscienza ed aiutano dei rifugiati.

Il pastore Valley è determinato a difendersi e non accetta il verdetto e la pena a lui imposta, ha scritto al Pubblico Ministero «Ciò che è legale, non è necessariamente giusto moralmente. Io ho fatto solo il mio dovere, aiutare un uomo in pericolo».
Il 12 marzo il Pastore Norbert Valley si presenterà davanti al Tribunale di polizia di La Chaux-de-Fonds (NE). In quella sede si opporrà all'ordine penale che lo condanna "per aver facilitato il soggiorno illegale" di un richiedente d‘asilo togolese la cui domanda è stata respinta. Nel caso in cui il Tribunale dovesse confermare la sua condanna, Valley è determinato a portare avanti il suo caso fino a Strasburgo, al Tribunale europeo per il diritto degli uomini.

Sandro B.
07.03.2020

Wednesday, March 4, 2020

IL FALLIMENTO DELL' EUROPA

L’impotenza, la nullità della politica europea sull‘emigrazione trova oggi riscontro nelle misure messe in atto dalla Grecia, paese europeo, che ricorre alla forza bruta contro dei disperati, per fronteggiare la nuova emergenza emigrazione innescata dalla Turchia di Erdogan. Le decisioni ed i mezzi adottati contro uomini, donne e bambini innocenti provocano sgomento e sdegno. I valori fondanti dell’Europa, alla prova dei fatti, sono solo fumo, parlare di civiltà è un eufemismo; usare il termine cristiani è una vergogna.

Grecia, la guardia costiera spara e prende a bastonate migranti sul gommone 

Le immagini testimoniano come la guardia costiera greca sta gestendo l‘emergenza. Le foto riprese da un video, girato a Kos e diffuso on line, mostra le immagini, riprese da terra, dell’intervento di una motovedetta di Atene, assistita da un gommone. I migranti, che erano partiti da Bodrum, in Turchia, vengono colpiti a bastonate. La guardia costiera spara anche due colpi di fucile.
Fonte: video Twitter di Marco Mensurati



Grecia, la polizia spara lacrimogeni sui migranti al confine: "Bambini rischiano di soffocare"

La polizia greca ha sparato gas lacrimogeni contro i profughi che cercavano di passare il confine turco nella zona di Evros. Alcuni bambini hanno rischiato di soffocare. Fonte: video Twitter / Jenan Moussa


Come si è arrivati a questo? Gli stati europei non sono stati capaci di trovare un accordo sulla «riforma del regolamento di Dublino», il sistema europeo che disciplina l’assegnazione dei richiedenti asilo ai paesi membri della Ue. Una soluzione basata sulla solidarietà per mettere in piedi un Sistema di Asilo europeo degno di questo nome non si è ancora trovata. Un trattato per mandare indietro, ai paesi di provenienza, chi non ha diritto di asilo esiste solo a parole.
La Turchia di Erdogan utilizza cinicamente il dramma dei profughi siriani per ricattare l’Europa. Quello che è avvenuto in questi giorni alla frontiera tra la Grecia e la Turchia rischia di diventare prassi. Verrà eretto un muro ai confini europei, come quello tra gli Usa ed il Messico e come quello tra Israele ed i territori palestinesi.  Se prima gli europei criticavano Trump adesso dovranno starsene zitti!

Ironia di un mondo globalizzato, che produce ricchezza, scambi commerciali, traffico di armi e guerre. Gli ultimi, quelli che secondo certe credenze saranno i primi, gli innocenti, per il momento mettendosi in cammino, troveranno sulla loro strada soltanto muri.

Sandro B.
04.03.2020

Tuesday, March 3, 2020

LE SARDINE A PIAZZA SAN GIOVANNI


Piazza San Giovanni è conosciuta soprattutto come sede della cattedrale di Roma, la basilica di San Giovanni in Laterano. E se la piazza potesse parlare, racconterebbe di essere un luogo simbolo della politica e della democrazia in Italia, per essere stata sede dei grandi comizi tenutesi a Roma dalla fondazione della repubblica fino i nostri giorni. La piazza direbbe di aver ospitato decine di migliaia di persone accorse per dimostrare i loro ideali di appartenenza ed ascoltare i discorsi di politici e sindacalisti.

La piazza dei lavoratori




Ha vissuto il tempo dei comizi, tra gli altri, di Togliatti nel 1962 e di Berlinguer del 1982. La piazza racconterebbe di discorsi appassionati, rivendicazioni di diritti, condanne d’ingiustizie, visioni di progetti politici espressi da oratori di grande levatura politica ed intellettuale. Il contenuto dei discorsi era battagliero, infuocato ma propositivo. Erano gli anni in cui il paese, uscito dal dopoguerra, progrediva per diventare una delle nazioni più industrializzate del mondo. L’Italia del miracolo economico.

La piazza spettacolo
La piazza racconterebbe, con rammarico, di essere diventata negli ultimi anni del secolo scorso il luogo della politica spettacolo, accompagnata da concerti pop, comicità, schiamazzi. Nel 1994 era „sceso in campo“ il cavaliere Silvio Berlusconi, divenuto poi presidente del consiglio, un maestro nel manipolare le masse con promesse irrealizzabili, televisione spazzatura e barzellette. Questa era la scena politica di quelli anni. L’Italia negli anni `90 aveva accumulato un debito pubblico che era arrivato a superare il 100% del PIL. Il miracolo economico era diventato solo un ricordo.

La piazza populista
L’inizio del nuovo millennio vede un paese in grave crisi politica ed economica. La politica non è più gestita da partiti ma da clan d’interesse che si dividono il potere con mafie e camorre. La corruzione è diventata sistematica. La globalizzazione ha cancellato migliaia di posti di lavoro. Il populismo trova un terreno fertile, compare un comico riciclatosi in politica, Peppe Grillo che s’inventa il partito dei “5-stelle”. Nel 2013 il tribuno si esibisce a Piazza San Giovanni in un tripudio di grida, rabbia, slogan e naturalmente di „vaffa“.
Poi nel 2019 sul palco di Piazza San Giovanni sale un altro pifferaio, Matteo Salvini del partito della Lega, facendo leva sui disagi sociali ed economici e del problema dei migranti cavalca l’onda populista. Il tribuno, diventato nel frattempo ministro dell’interno, inizia i suoi discorsi baciando simboli religiosi (crocifissi e madonnine) e dichiara di affidare l‘Italia al Cuore Immacolato di Maria! Il personaggio convince il popolo disorientato, disilluso e depresso con lo slogan „prima l’italiani “.

Lega e 5-stelle nel 2018 formano un governo populista che presto si rivela la risposta sbagliata a una sacrosanta indignazione!

La piazza delle sardine
Tutto avrebbe pensato Piazza San Giovanni, ma mai di dover essere invasa il 14 dicembre 2019 dal popolo delle sardine! Chi sono questi? Sono un’altra Italia, che sente il bisogno di un‘altra politica e soprattutto di un’altra etica rispetto a a quella del leghista Salvini. Nel paese tanta gente è stanca di una politica incivile, degenerata, fatta d’insulti, incompetenza e false promesse. Tanta gente non trova più rappresentanza nei partiti politici tradizionali. Quella che sembrava essere scomparsa „la coscienza civile “improvvisamente dopo aver riempito molte piazze d’Italia è arrivata a Roma con le sardine, a Piazza San Giovanni.
Conosco bene Piazza San Giovanni, ho abitato tanti anni nel quartiere Esquilino di Roma, ho visto la folla, le bandiere, l’atmosfera, la forza che emanava dalle riunione di grandi masse di persone, i discorsi di grandi leader politici e sindacali. La piazza dello spettacolo mi è stata estranea. Piuttosto che i populisti con le loro grida e promesse irrealizzabili penso che Piazza San Giovanni e con essa l‘Italia voglia stare in pace e preferisca alle grida del populismo il silenzio delle sardine.
Non bastano certo le sardine a risolvere i gravi problemi che affliggono l’Italia, ma una boccata di ossigeno non fa mai male a nessuno!




Sandro B.
31.12.2019