Tuesday, November 19, 2019

VENEZIA CON L'ACQUA ALLA GOLA

Il 15 novembre 2019 la marea a Venezia ha raggiunto i 184 cm. Il dato più alto dal 1966 quando raggiunse i 194 cm. L’acqua ha invaso la basilica di San Marco allagando la cripta. La città semissommersa è in stato di emergenza.

Venezia è in ginocchio e tutti ci rattristiamo e piangiamo con lei. Tutti?
In caso di inondazioni, terremoti, crolli di ponti e altri disastri di grande portata, i politici italiani non mancano di approfittarne per profilarsi. Gli uni per sputare veleno e criticare quello che non è stato fatto e che avrebbero dovuto fare loro, quando erano loro al potere. Gli altri per fare delle grandi promesse che una burocrazia irragionevole, una corruzione onnipresente e una mafia onnipotente renderanno vane o almeno ridurranno e ritarderanno in tutti i modi. I due ruoli, di criticatori e di pro­mettitori, sono naturalmente intercambiabili in funzione dei partiti al governo.
I politici devono essere presenti. Arrivano con le loro piccole corti di segretari, portaborse, guardie del corpo e altre persone, delle quali la necessità e i compiti non sono chiari. Con il loro corteo di automo­bili ingorgano le vie di comunicazione in difficoltà, ostacolando l’arrivo di soccorritori, generi di prima necessità e medicinali, viveri e mezzi. Mettono a disagio le autorità locali, che devono predi­sporre per accoglierli e assisterli, devolvere adeguato personale di sicurezza da altri compiti molto più urgenti. Tutti incarichi supplemen­tari, ai quali si devono dedicare le autorità locali, che avrebbero ben altro da fare.
Così, i politici perseverano nel farci vedere le loro facce che non vorremmo più vedere e farci sentire quei discorsi che non vorremmo più sentire.
Come sarebbe bello, se questi politicanti si rimboccassero le maniche ed aiutassero gli abitanti a mettere in salvo quel poco che è loro rimasto, o si dedicassero ad altre opere di soccorso? Sarebbe bello, ma solo in teoria. I politici sanno usare la lingua, e come bene, ma non sanno più usare le mani per lavorare: si sporcherebbero e allora … addio “Mani pulite”!

Autore: E.Violi
Adattamento: ColosseoNews
18.11.2019

Friday, November 1, 2019

CITTADINO DEL MONDO

Qualche anno fa circolava questa interessante poesia semplice senza rime ma densa di significato:
” Cittadino del mondo, il tuo Cristo è ebreo, la tua democrazia è greca, la tua scrittura è latina, i tuoi numeri sono arabi, la tua auto è giapponese, il tuo caffè è brasiliano, il tuo orologio è svizzero, il tuo walkman è coreano, la tua pizza è italiana, la tua camicia è hawaiana, le tue vacanze sono turche, tunisine, marocchine. Cittadino del mondo non rimproverare al tuo vicino di essere straniero.”
Vent’anni fa un testo del genere suonava bene, nulla di più, oggi invece è diventato una provocazione. In effetti in Italia basta ti scappi fuori l’espressione straniero e ti senti male, perché crei una reazione carica di insulti. Eppure a pensarci bene, dentro a ciascuno di noi esiste tutta l’umanità del passato, dalle origini del mondo in poi. Si chiami Adamo, l’africana Lucy o Pitecantropo. Nessuno dovrebbe offendersi quando si sente dire “prima gli italiani, prima i cattolici”, slogan di tante campagne elettorali che negli ultimi tempi hanno alimentato incontri e scontri pubblici.
Ora si pone una domanda sono io, un vero italiano, un vero cattolico? Fa riflettere quanto si legge il libro di Ettore Masina:” Naufraghi di terra” nella citazione di Elvio Beraldin. Ciascuno di noi ha due genitori, quattro nonni, otto bisnonni, sedici trisnonni. Se ci si appassiona al calcolo degli anni si arriva a numeri impressionanti, lontanissimi da quelli il cui concetto moderno di famiglia ci ha abituati. Retrocedendo alla decima generazione pressappoco fine 1600 gli avi di ciascuno di noi equivalgono numericamente alla popolazione di un villaggio, 512 padri e altrettante madri. Spingendoci agli inizi del 1500 riempirebbero una città, circa 65 mila, ma penetrando oltre il tempo diventerebbero un popolo. In teoria portiamo ciascuno di noi nel nostro sangue particelle genetiche di più di 8 milioni di persone che vissero nel 1300, immenso popolo che alla lunga ci rende un po’ tutti parenti.
Il sangue non è acqua e hanno ragione gli antropologi quando dicono che il DNA di noi italiani oggi porta l‘impronta degli etruschi, dei greci, delle genti che passarono nella nostra penisola in tempi remoti. E siccome l’Italia è stata arata dagli eserciti conquistatori di vari continenti importando pure schiavi, trafficanti, ladroni, il nostro suolo è stato sconvolto, assetto demografico e sociale compreso. Tutti siamo meticci. Fra gli antenati di ciascuno di noi vi è certamente un fenicio, un greco, un gallo francone, un negro della Nubia, un cristiano, un arabo, un musulmano, uno spagnolo, un ungherese, un mongolo, un turco. Certamente una prostituta, un uomo di guerra, un soldato di ventura, un letterato, un monaco di esigua castità, una donna violentata, un Muzio Scevola, un bertoldo, un disertore, una donna di struggente bellezza, un beduino, centinaia di affamati. Tutti questi esseri rivivono misteriosamente ma realmente in ciascuno di noi, cittadino del mondo.
Su questa direttrice potremmo anche scendere al dettaglio, chiamando in causa la onomastica, cognonomastica, toponomastica, cioè l’origine dei nomi, cognomi, luoghi e noteremo come ciascuno di noi è un essere multietnico e multiculturale, un mosaico di puzzle. Non siamo una razza bianca, pura, esclusiva. Siamo dotati di risorse di vastissima ricchezza spirituale, talenti, carismi, insieme ovviamente a inevitabili limiti e difetti. Basta consultare le nostre anagrafi comunali. Per brevità ci limitiamo fra migliaia a due appellativi. Provenienza di origine ebraica: Mariani, Bettinelli. Di origine greca: Nicolodi, Alessi. Di origine romana: Augusto, Giuliano. Di origine longobarda: Ansaldi, Alberti. Di origine musulmana: Mussolini, Amina. Di origine araba: Aida, Nadia. Di origine teutonica: Azzola, Gismondi. Di origine tedesca: Margherita, Rodolfo. Di origine ungherese: Ongaro, Bodel. Di origine spagnola: Almirante, Catalano. Di origine russa orientale: Igor, Ivano. E qui non saremmo troppo lontani dalla realtà se con l’appoggio della psicologia e della psicanalisi affermassimo che dentro di noi vi è l’inconscio di tutta l’umanità dalle origini del mondo al nostro tempo, includiamoci pure il discusso mitico peccato originale. Per cui siamo tutti ricettori e donatori dell’inconscio che emerge dai nostri sogni notturni, dai nostri desideri, dalle nostre frustrazioni, esorcismi, possessioni diaboliche, multi linguaggi, paure, visioni. Al di là della nostra morfologia ossea, cranica, articolazioni, statura, colore della pelle non vi sono fondamenti per distinguere fra razze superiori e razze inferiori.
Nel periodo 1930-40 vi è stata in Europa una recrudescenza del razzismo con l’esaltazione e la difesa della razza bianca per l’avvento del nazifascismo e potremmo affermare che i suoi fondatori e difensori oltre che di inaccettabile animosità hanno dato dimostrazione di crassa ignoranza, pardon di scarsa cultura, di sottocultura, anche se il fenomeno non si è concluso in quel periodo ma permane in parte pure ai nostri giorni. Sull’argomento vale anche la pena di chiederci quale sia stata nel tempo la posizione della chiesa cattolica. Essa ha dato un’interpretazione del Cristianesimo alquanto limitata. A partire da S. Agostino 400 d.C. che fece le seguenti affermazioni; ”chi ama il mondo non conosce Dio… Dio è più intimo all’uomo di quello che l’uomo non sia a se stesso ”. Indubbiamente l’espressione è profonda ed esatta. In effetti è sempre dal cuore dell’uomo che nascono atteggiamenti, azioni oneste o disoneste. Però è stata l’applicazione di questo principio che ha dato avvio a quella scissione fra individuo e società che per secoli fu conseguenza di un insegnamento troppo accentuato nella chiesa stessa. Perché se la destinazione dell’individuo è ultraterrena, l’esigenza dell’uomo sarà quella di prendere le distanze dal mondo stesso. Siccome la patria del Cristianesimo non è di questo mondo, il cristiano fa sì il suo dovere come cittadino, ma lo fa con una certa indifferenza riguardo al buono o cattivo esisto dei suoi sforzi. Purché non abbia nulla da rimproverarsi poco gli importa che tutto vada bene o male quaggiù. Si trincea nel privato, salva l’anima tua, del vicino non si conosce neppure il nome, si arrischia totale indifferenza nei confronti del diverso, lo straniero, l’emigrato. Scriveva il Talmud (400 d. C,): ”Chi salva una vita salva il mondo”. Cui si può aggiungere: ”chi uccide una vita uccide il mondo” E se è vero quanto sopra detto aggiungasi pure: ”Chi uccide un uomo uccide se stesso. ”E qui c’è spazio alla riflessione: sono uomo e nulla di ciò che appartiene all’uomo mi è alieno, dicevano gli antichi. Nel più profondo del nostro essere il codice umano è uguale per tutti: siamo cittadini del mondo.

Autore
Albino Michelin
Adattamento: ColosseoNews
31.09.2019