Wednesday, June 6, 2018

LA SANTISSIMA TRINITÀ: POTENZA E MAGIA DEL NUMERO TRE

Nella storia degli uomini il numero 3 ha sempre avuto un ruolo importante. Anzi nella storia personale di ciascuno esso è profondamente radicato e interiorizzato a tutti i livelli, intellettuale, emotivo, culturale, religioso, letterario. Tanto da farne una cabala del destino. Pitagora, il matematico greco-tarantino (+ 495 a.C.) lo spiegava con il fatto che il numero 2 rappresenta il pari, l’1 il dispari, il 3 la sintesi. Il 2 separa, (uomo-donna), il 3 unisce (uomo-donna figlio). E qui le esemplificazioni sono infinite. A ben osservare la triade è alla base di tutto, quando si vuole spiegare agli altri o spiegarsi le realtà più complesse si pone come base inconscia il numero tre. Il filosofo Aristotele aveva inventato il sillogismo, dimostrazione stringente su tre parti: a) premessa maggiore b) premessa minore c) conclusione. Esempio attualizzato: a) tutte le nazioni hanno un confine b) l’Italia è una nazione c) quindi anche l’Italia ha i confini. Triade abbiamo pure nei nostri tribunali: accusa, difesa, giudice. Per i cinesi 3 è il numero della totalità cielo, terra, umanità. Nell’astronomia il sole ha 3 parabole: alba, meriggio, tramonto. Nella Bibbia abbiamo una dovizia di numeri 3. Tre sono le porte del tempio, tre i figli di Noè, tre i giorni delle tenebre in Egitto prima dell’esodo degli ebrei, tre i giorni di Giona nel ventre della balena. Tre i Re Magi alla grotta del bambin Gesù. Tre i testimoni della trasfigurazione del signore sul monte Tabor, tre i giorni di Gesù nel sepolcro, tre i componenti della sacra Famiglia in terra: Maria Giuseppe Gesù, tre i componenti della Famiglia divina in cielo: Padre Figlio Spirito Santo. Tre le virtù teologali della perfezione umana: fede, speranza, carità. Tre i passaggi dei mistici nelle loro esperienze interiori: purificazione, illuminazione, unione con la divinità. Il nostro sommo poeta Dante ha strutturato la Divina Commedia, il suo capolavoro immortale su tre luoghi post mortem: paradiso, purgatorio, inferno, trentatré la cantiche in versi terzine, tre le fiere che il poeta incontra nella selva oscura, tre le persone che dal cielo corrono in suo auto: La Vergine, Lucia e Beatrice. Nelle fiabe dei romanzieri tre sono le prove che l’eroe deve superare. Giulio Cesare al ritorno dalle Gallie (55.a.C.) celebrò il suo trionfo con tre autoelogi; venni, vidi, vinsi. Anche nel genere musicale il numero tre fa bella comparsa. Puccini nella Turandot, brano “Nessun dorma“ fa brillare tre volte il suo tenore: “all’alba vincerò, vincerò, vincerò” E Rocco Granata vuole più presto sposare tre volte: Marina, Marina, Marina. Non andiamo poi ai proverbi popolari, pieni di sapienza e in genere ternari:” tre cose non tornano più indietro e più richiamar non vale: la freccia scoccata dall’arco, voce dal sen fuggita, e l’occasione perduta”. Tre sono le saggezze della vita e senza limiti: il cielo con le sue stelle, il mare con le sue gocce, il cuore con le sue lacrime. Pure le scienze moderne della psicologia presentano l’uomo in ternario: spirito, mente, corpo. E Freud nella psicanalisi struttura l’uomo a tre piani: inconscio(es), la coscienza(l’io), l’autorità (il super-io). Ma quello che nel senso di questo articolo potrebbe interessare è il tre nell’ambito religioso. Le grandi culture e religioni sin dall’antichità venerano il numero tre come divino e sacro. Mitologia indù: Brahma (creazione), Wisnu (conservazione), Shiva (distruzione). Mitologia egiziana: Iside padre, Osiride madre, Horus figlio. Mitologia greca: Giove, Poseidone, Ade. A questo punto qualcuno si chiederà: ma come sono questi tre giorni durante i quali Gesù rimase nel sepolcro? Alla lettera tre giorni significano 72 ore. Ma Gesù sepolto è rimasto solo 32 ore o qualcosa di più (dal pomeriggio del venerdì santo ore 17 fino all’alba della domenica di Pasqua). E qui la fede non si perde se si da’ all’affermazione un valore simbolico (da non confondere con leggendario): numero tre significa perfezione, completezza. Gesù è risorto, cioè da Dio glorificato allorché, ha compiuto totalmente e perfettamente la missione della sua esistenza. Tutto questo ci richiama infine al grande mistero della Santissima Trinità, un Dio in tre persone, Padre, Figlio, Spirito Santo. Che è? Politeismo, un panteon di divinità, rivelazione divina, esoterismo? Linguaggio dei concili di chiesa dei primi tre secoli? Quando si recita il Credo noi ripetiamo parole che al tempo della filosofia greca avevano tutt’altro significato. Non bisogna dimenticare che anche le parole hanno una loro evoluzione e vanno quindi situate nel contesto del tempo. Indubbiamente la recita del Credo presenta una terminologia difficile come “Gesù unigenito figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, generato non creato, della stessa sostanza del Padre, credo nello Spirito santo che procede dal Padre e dal Figlio…” Quando davanti alla Basilica della Natività di Betlemme si sente ripetere dagli ebrei e dai musulmani che Dio non ha figli, si rimane non tanto nel dubbio ma certo nella difficoltà di intendersi. Usiamo le stesse parole con lo stesso significato? Qui nessuno vuole farci perdere la fede e depennare un dogma ma ci si può accontentare di una spiegazione più empatica, vicina alla nostra esperienza e sete del divino, cioè: Dio è uno, autore e provvidenza della nostra vita (padre), è relazione personale con noi (figlio), e ci infonde entusiasmo nella vita (Spirito Santo). Questo non è un liquidare la Trinità, ma renderla più accessibile. Versione attuale, quale potenza e magia del numero 3.

Autore: Albino Michelin
A cura di ColosseoNews
06.06.2018