Thursday, August 10, 2017

REGOLA AUREA

Nel libro di Tobia si legge: „Non fare a nessuno ciò che non piace a te“ (Tb. 4,15). È una variante della nota formula: „non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te“. Quest’idea la si ritrova più o meno in tutte le religioni e morali. Era ben nota e diffusa in tutta l’antichità e nello stesso giudaesimo. È una formula di giustizia, e insieme d’ugualianza. Essa è, infatti, costruita secondo una regola di simmetria e di reciprocità. Questa regola, però è caratterizzata anche da una formulazione negativa. Infatti la regola esprime un divieto: „non fare“.

La formula del divieto „non fare“ assume dunque come principio razionale universale che nessun uomo ama essere danneggiato da un altro. Dal momento che io non desidero che qualcuno mi nuoccia sarò giusto se non danneggerò gli altri. Ma la regola così interpretata si presenta imperfetta: è infatti evidente che io posso sentirmi danneggiato da un atto che l’altro non ritiene sia dannoso per lui. Per converso è possibile che l’altro ritenga dannoso quel che per me non lo sarebbe affatto. A questo punto salta la simmetria e così pure la concretezza della giustizia. La verità di questa massima risiede nell’assunzione che tutti gli uomini sono simili tra loro. Se le cose stanno in questi termini, la regola fornisce un criterio sufficiente per non arrecare danno agli altri, ma non è detto che sia sufficiente per venire loro incontro, per promuovere il bene e l’aiuto.

Il Vangelo di Matteo, nell’enunciare la regola aurea, ha un carattere innovativo, poiché ne varia la formulazione. Pone la regola al positivo. Così il testo: „tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro“ (MT. 7,12). La modifica della formula sembra minima ma le conseguenze sono di grande rilievo. È infatti evidente che „non fare agli altri“ (non uccidere, non rubare …) deriva da un criterio di giustizia. Ma d’altro verso cosa accade a chi si rivolge a noi per cercare comprensione, sostegno ed aiuto; a chi ha sbagliato ed ha commesso una colpa e desidera essere perdonato! Ecco quindi che „fare agli altri“ acquista un significato più ampio rispetto al „non fare agli altri“ perchè non è sufficiente essere giusti, bisogna essere buoni, bisogna praticare l‘amore. „Fare agli altri“ significa aiutare il prossimo nel bisogno, nel pericolo e nel dolore, aiutarli a redimersi.

Citazione di Salvatore Natoli:
«Il divieto è necessario, ma la giustizia è avara: tutt’al più limita il male, ma non rende gli uomini migliori. Forse illude alcuni di essere tali. Si dice: „Non ho fatto niente di male“. Ma il Vangelo interroga: „Cosa hai fatto di bene, quale vero bene hai effuso negli altri?“ A tale scopo la giustizia serve a poco. È necessaria una discontinuità, uno scarto, un passaggio ad altro senza protezione. È necessario l’amore».

Riferimento:
Salvatore Natoli „Dizionario dei vizi e delle virtù“
Sintesi a cura di Sandro