Monday, February 16, 2015

Il racconto delle sabbie

I Sufi mistici dell’Islam per avvicinarsi a Dio svilupparono tre percorsi: la mistica dell’amore, dell’estasi e dell’intuizione. Il misticismo intuitivo si esplica nella dottrina del Fana’ (estinzione). Secondo i Sufi una volta estinta la coscienza di se stessi, quale sé separato sazio di progetti individuali, la visione dell’essere svuotata dell’io, avrebbe mostrato null’altro che Dio. “Il racconto delle sabbie” esemplifica la dottrina del Fana’, la   trascendenza in Dio, del sé finito.

"Nato da remote montagne, un fiume solcò molte regioni per raggiungere finalmente le sabbie del deserto. Provò a superare quest’ostacolo così come aveva fatto con gli altri, ma si accorse che, man mano che scorreva nella sabbia, le sue acque sparivano.
Era convinto, tuttavia, che era un suo desiderio attraversare quel deserto, eppure non ci riusciva…
Fu allora che una voce nascosta, proveniente dal deserto stesso, mormorò:
«Il vento attraversa il deserto; il fiume può fare altrettanto».
Il fiume obiettò che, sebbene si lanciasse contro la sabbia, l’unico risultato era di esserne assorbito, mentre il vento poteva volare e, quindi, attraversare il deserto.
«Lanciandoti nel tuo solito modo, il, deserto non ti permetterà di attraversarlo. Potrai solo sparire e diventare una palude. Devi permettere al vento di trasportarti fino a destinazione».
«Ma come è possibile?».
«Lasciandoti assorbire dal vento».
Era un’idea inaccettabile per il fiume. In fin dei conti, non era mai stato assorbito prima d’ora. Non voleva perdere la sua individualità: una volta persa, come essere sicuri di poterla ritrovare?
La sabbia rispose:
 «Il vento svolge questa funzione: assorbe l’acqua, la trasporta al di sopra del deserto, poi la lascia ricadere. Cadendo sotto forma di pioggia, l’acqua ridiventa fiume».
«Come posso sapere che è la verità?».
«È così. Se non ci credi, potrai solo diventare una palude, e anche per questo ci vorranno anni e anni; e, comunque non sarai più un fiume».
«Ma non posso rimanere lo stesso fiume?».
«In entrambi i casi non puoi rimanere lo stesso fiume».
Rispose il mormorio,
«la parte essenziale di te viene portata via e forma un nuovo fiume. Oggi porti questo nome perché non sai quale parte di te è quella essenziale».

Queste parole risvegliarono certi echi nella memoria del fiume. Si ricordò vagamente di uno stato in cui egli – o forse una parte di sé – era stata nelle braccia del vento. Si ricordò anche – ma era veramente un ricordo? – che questa era la cosa giusta, e non necessariamente la cosa più ovvia da fare. Allora il fiume innalzò i suoi vapori nelle braccia accoglienti del vento. Questi, dolcemente e senza sforzo, li sollevò e li portò lontano, lasciandoli ricadere delicatamente non appena giunsero la cima di una montagna molto, molto lontana.
Ed è proprio perché aveva dubitato, che il fiume poté ricordare e imprimere con più forza nella sua mente i dettagli della sua esperienza.
«Si, ora conosco la mia vera identità». Si disse.
Il fiume stava imparando. Ma le sabbie mormoravano:
«Noi sappiamo, perché lo vediamo accadere giorno dopo giorno e perché noi, le sabbie, ci estendiamo dal fiume alla montagna».

Ecco perché si dice che la via che permette al fiume della vita di proseguire il suo viaggio è scritta nelle sabbie.

Idries Shah
I racconti dei Dervisci

Sandro
16 febbraio 2015