Saturday, October 13, 2012

QOÈLET Il predicatore



Della Bibbia fa parte un piccolo libro, un testo sapienzale, dal titolo QOÈLET “ Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme”. La parola Qoèlet designa una funzione: indica colui che parla all’assemblea, cioè il predicatore. Il figlio di Davide re di Gerusalemme è identificato come Salomone; l’autore si concede una finzione letteraria e mette le proprie riflessioni sotto l’autorità del più illustre sapiente d’Israele. Il libro è stato scritto in ebraico tardivo, alcuni frammenti sono stati ritrovati nelle grotte di Qumran. La data di composizione più probabile del libro è il III secolo a.C.

Nel libro non c’è uno schema definito, ma variazioni su un tema unico: la vanità delle sorti umane di cui si parla dall’inizio alla fine del libro.

“Vanità della vanità, dice Qoèlet,
vanità della vanità, tutto è vanità.
Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno
per cui fatica sotto il sole?” (1,2-3)

Tutto è illusorio: la scienza, la ricchezza, l’amore, la vita stessa. Questa è un susseguirsi di atti sconnessi e senza valore, che termina con la vecchiaia e con la morte, la quale colpisce inesorabilmente il sapiente e il folle, il ricco e il povero, l’uomo e l’animale.

“Io, Qoèlet, sono stato re d’Israele in Gerusalemme. Mi sono proposto di ricercare ed investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo (…) Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.” (1,12)

Tutto è uno sforzo inutile, chimera, tempo perso.

“Ho deciso di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, perché: Molta sapienza molto affanno; chi accresce il sapere, aumenta il dolore” (1,17)

Apprendere un lavoro, imparare un mestiere dedicarsi allo studio, pervenire alla sapienza, conoscere la scienza comporta molto impegno, sforzo, studio ed ansia. Il risultato è che più si sa e più si diventa coscienti dei propri limiti e si accresce il dolore.

“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, (…)
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere ed un tempo per ballare. (…)
Un tempo per amare  e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra ed un tempo per la pace.
Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?” (3,1-9)

Ogni cosa ha il suo tempo e tutto finisce. A queste sconcertanti riflessioni Qoèlet contrappone la saggezza ed insegna: in quel tempo irrepetibile che ti è dato devi intraprendere, impegnarti essere laborioso, questo è l’unico modo per dare un senso alla vita e cercare di realizzarsi.

"Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole. Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività nè ragione né scienza, né sapienza giù negli inferi dove stai per andare”(7,8)

Non potrai mai capire il mondo perché il suo senso trascende i limiti del tempo e dello spazio, per noi uomini è mistero. Tuttavia Dio ha messo nel cuore dell’uomo una nozione d’eternità.

“Egli ha messo la nozione d’eternità nel loro cuore, senza però che gli uomini possano capire l’opera di Dio da principio alla fine” (3,11)

È proprio questa nozione d’eternità impiantata nel suo cuore che fa percepire all’uomo un’esigenza di completezza, di totalità, di luce e di verità che gli sfugge. Questo briciolo d’eternità gli fa intravedere l’opera di qualcosa di assoluto e di trascendente, il suo cuore non è completamente nelle tenebre.

Il libro di Qoèlet è annoverato tra i libri sapienziali della Bibbia. Salvatore Natoli nel suo libro “Stare al Mondo” scrive:

“Ha ragione Qoèlet: il sapere costa fatica guadagnarlo e una volta acquisito si è ben lontani dal possederlo. È allora vano? Ci sarebbe troppa pretesa di verità nel proclamare la vanità di ogni sapere. Qoèlet vuol dire altro. L’eternità che Dio ha posto nel cuore dell’uomo gli impedisce di affermare e di negare in assoluto: è però una sapienza che gli consente di operare, che lo rende capace di muoversi nell’incertezza, di trovare vie di uscita nelle difficoltà, di tentare perfino l’impossibile, sapendosi all’occorrenza fermare e se necessario battere in ritirata. E ripartire. Nel frattempo non bisogna trascurare il presente, ma rimanergli strettamente legati, prenderlo così come viene e, per quanto si può, saperselo godere. Questa è una saggezza sobria, sperimentale, tutt’altro che vana”

Qoèlet  ha scritto il suo piccolo prezioso libro più di duemila anni fa, ma il suo contenuto e le idee esposte affascinano ancora oggi l’uomo moderno, perché con grande attualità, partendo dal dubbio e dalla incomprensibilità del mondo stimola la riflessione e fa intravedere delle risposte per una saggia condotta di vita. Ma niente è definitivo perché si insegue il vento e quando si pensa di aver compreso, subito si riparte e si cerca di nuovo la verità. Questo libro è una fonte di saggezza perché pur affermando che tutto è vanità, ne relativizza il senso ed anche se gli uomini non possano capire l’opera di Dio da principio alla fine hanno in se una nozione d’eternità nel loro cuore che gli permette di accettare la vita come un dono, così come è, per quello che è, partendo da questa base insegna a superare le difficoltà ed a sperare.
Leggendo il libro di Qoèlet il lettore che si pone domande radicali non troverà mai risposte precise ma sarà stimolato a cercarle da solo con la riflessione aiutato da quel granello di eternità posto nel suo cuore.

Sandro

3 comments:

  1. Ciao Sandro,

    leggendo questo articolo m'e' venuto in mente che già' da studenti facevamo questi discorsi con gli amici e compagni di corso italiani al Politecnico (con Corrado e Paolo). Grandi tempi quelli ! Mi viene in mente una di quelle volte, in una leggendaria pizzeria del Niederdorf, dove, alla fine della cena, si erano di nuovo fatte largo le considerazioni filosofiche, ed eravamo scivolati ancora una volta nel discorso che riassumo così' : "…ma chi ce lo fa' fare di studiare così' tanto, per dimostrare cosa ? Finiremo come tutti a rincorrere degli obbiettivi che non ci soddisferanno, dovremo superare esami difficili (era infatti il periodo prima degli esami) per dimostrare che siamo all'altezza della sfida. Solo che la sfida non viene da noi, ma dal sistema. E' una sfida che lascia poche scelte. Siamo ingranaggi di un meccanismo che non abbiamo voluto noi e che ci rende diffidenti, o come minimo insoddisfatti" Questo era il modo per dire che in quel momento avevamo già capito che una sfida vale l'altra se tutte cominciano da un punto dove se sei bravo a scuola troverai tappeti rossi stesi ai tuoi piedi. E quando dimostrerai che sei bravo, che hai capito la lezione e la sai mettere in pratica riceverai un posto fisso nell'ingranaggio come riconoscimento. Il sentimento di disagio già' allora era che manchi qualcosa che fa' la differenza per se stessi. Manca qualcosa che porta a credere che la strada di questa vita non consiste solo nel colore della luce che cambia mentre la fai.

    E come ho imparato da un po' di tempo a questa parte abbiamo tutti bisogno di sentirci in equilibrio con noi stessi. Lavoriamo e lavoriamo, impariamo a tutta velocità, oggi più' che mai, e si fa' fatica a tirare le somme. E ci manca qualcosa. Ma siamo onesti : quanto investiamo concretamente per mantenere l'equilibrio ? E in che modo ?
    Accumuliamo sapere e fortune spesso con il risultato che non sappiamo più' cosa farci.
    Anzi creiamo un nuovo problema di come 'gestire' tutto questo.

    Una risposta semplice e' sicuramente contenuta nel tuo ultimo articolo sulla carità. Possiamo decidere di donare. Donare quello che abbiamo imparato, la nostra esperienza di testimone della vita, mettere in grado chi e' con noi e chi viene dopo di noi di crescere magari con un esempio. Ne potrebbe scaturire un effetto a catena. I buoni esempi sono sempre contagiosi.

    Purtroppo questa soluzione non e' facile, non e' spettacolare, non si può sfruttare per averne
    riconoscimenti. Ed e' qui il primo traguardo. Assumere umiltà e distanza dalle cose. Riusciremo ad essere sempre più' numerosi con questi atteggiamento ? Beh aspettiamo la prossima bolletta salata da pagare e poi vediamo… Non e' facile…

    Un caro saluto,
    Marco

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  2. mi hai fatto venire voglia di leggere il libro

    dobbiamo proprio incontrare baiocchi !!

    michele

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  3. Age quod agis
    ..interessante l'articolo e il commento. Grazie, dovrei dormire, ma continuo a leggere

    Mario

    thrivemovement.com
    è il sito di cui ti parlavo

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